Sparatoria a Macerata

I militari che lo hanno preso: "Non siamo eroi"

Non ha fatto resistenza, non ha detto nulla: «Aveva una pistola, così ha rischiato grosso»

I militari che lo hanno preso: "Non siamo eroi"

Macerata Lo hanno arrestato, in un clima da Far West, ma lui non ha opposto resistenza e ha obbedito agli ordini che i due carabinieri gli hanno dato. «Stai fermo, non ti muovere», gli hanno detto e lui lo ha fatto come se sapesse di dover seguire le indicazioni dei militari dell'Arma.

Gli appuntati scelti Sergio Palmeri e Simone Fazzari sono i due militari che sabato mattina hanno fermato Luca Traini, il 28enne che ha gettato Macerata nel panico per oltre un'ora, sparando all'impazzata contro qualsiasi persona con la pelle nera gli capitasse davanti e contro altri obiettivi, dai bar alla sede del Pd. Un giovane disturbato, il quadro appare sempre più chiaro, man mano che passano le ore, con grandi sofferenze alle spalle, una famiglia disgregata e un equilibrio perso chissà quando, pare dopo la fine della sua ultima storia con una giovane tossicodipendente. Le sue certezze ha cercato di trovarle nell'estremismo, nella giustizia fai da te, quella che sul momento può farti sentire più forte, ma che alla fine lascia dietro solo grandi problemi. Per lui sono state mobilitate tutte le forze disponibili sul territorio.

Palmeri e Fazzari sono arrivati da una stazione che si trova a sessanta chilometri di distanza da Macerata. Hanno corso all'impazzata per arrivare in città e cercare l'Alfa nera a cui tutti stavano dando la caccia e fermare il folle impazzito.

«Abbiamo subito iniziato a pattugliare il centro della città - raccontano - e quasi subito abbiamo notato, all'incrocio di fronte a piazza della Vittoria, la macchina del ricercato. Abbiamo fatto il nostro lavoro: siamo scesi e siamo andati verso di lui. Non ha mostrato segni di resistenza. Abbiamo capito che si sarebbe fatto prendere senza problemi. La pistola l'aveva nella vettura». Luca stava salendo sui gradini del monumento ai caduti. Aveva sulle spalle il Tricolore. Andava verso l'alto, quasi in segno di vittoria. Aveva compiuto ciò che doveva e, forse, nella sua mente si è fatta strada la convinzione che l'unica conclusione per una giornata di ordinaria follia fosse quella di compiere un rituale quasi patriottico. Per lui la missione era quella di vendicare Pamela.

«Lo abbiamo visto salire con la bandiera sulle spalle - proseguono i due carabinieri - ma non lo abbiamo visto fare il saluto romano né sentito dire alcuna frase particolare o slogan politico. Lo abbiamo immobilizzato e fatto sdraiare. Ha rischiato, perché tutti cercavamo qualcuno che sparava alla gente. Noi non siamo scesi per andare al bar, insomma. L'arrestato era consapevole di quello che ha fatto. Ha detto che doveva farlo, ma era conscio anche delle conseguenze». L'emozione per aver messo fine all'incubo maceratese è forte: «Capita di fare azioni di questo tipo. La carriera - concludono i due carabinieri coraggiosi - ci ha portati a stare per strada. Non è la prima volta che interveniamo nel corso di azioni di questo tipo. Non neghiamo di aver provato soddisfazione per aver reso la tranquillità ai cittadini».

Un gesto che, quello sì, può essere immolato sull'altare del patriottismo e della legalità.

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