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"Si dimettano". I ministri "contiani" nel mirino

Il tweet della deputata del M5S Federica Dieni invoca le dimissioni del ministro Patuanelli: "Stiamo aprendo una crisi con i ministri in carica?". Anche Forza Italia e Italia Viva chiedono il passo indietro dei ministri grillini

"Si dimettano". I ministri "contiani" nel mirino

Il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, in mattinata, ha cercato di smorzare i toni chiedendo di "non drammatizzare quello che sta succedendo" a Palazzo Madama. Ma i ministri di Conte ora sono nel mirino, anche del "fuoco amico". Federica Dieni, vicepresidente del Copasir e deputata pentastellata, critica verso la linea dura uscita dal Consiglio nazionale di ieri, mentre è in corso la discussione generale nell’Aula del Senato pubblica un tweet al vetriolo: "Patuanelli voti la fiducia o si dimetta". Qualche ora prima ragionava via social, non senza vena polemica, dell’opportunità di un passo indietro da parte dei ministri grillini. "Si dimettono? O stiamo aprendo una crisi astenendoci dal votare la fiducia con i ministri in carica", scriveva sullo stesso social network invocando la "coerenza".

Sempre su Twitter, era stato il sottosegretario al ministero dell’Interno, Ivan Scalfarotto, di Italia Viva, a sollevare la stessa obiezione. "Il M5S vuole la crisi di governo? Bene: glielo spieghiamo Teresa Bellanova, Elena Bonetti e io come si fa: si lasciano gli incarichi, ci si dimette". "Poi – è la proposta del sottosegretario renziano - il governo vada avanti senza grillini: con più Draghi e meno Conte, noi lo diciamo da sempre, l'Italia ha solo da guadagnare". Un concetto ribadito in aula dal leader del partito, Matteo Renzi, durante le dichiarazioni di voto sul dl Aiuti.

Ad insistere perché chi oggi si asterrà dal votare la fiducia si dimetta è anche il segretario nazionale di Noi Di Centro, Clemente Mastella. "Di norma quando si mette in discussione un'alleanza e si va verso una crisi politica i primi a dimettersi sono i ministri del partito che provoca la lesione nella compagine di governo. – osserva - Si dimettessero i ministri Cinquestelle come fecero i cinque ministri della sinistra democristiana, e tra questi Mattarella, con il governo Andreotti che non condividendo la linea politica dell'esecutivo con grande dignità e stile si dimisero". Il politico centrista accusa i ministri "contiani" di "poltronismo". "Oggi la poltronite acuta che affligge i Cinquestelle li porta a geroglifici parlamentari, ad una grammatica istituzionale incomprensibile. – dice facendo il confronto con il passato - La logica è spietata: o votano la fiducia e stanno al governo e col governo, viceversa i primi ad andare via debbono essere i rappresentanti Cinquestelle al governo".

Nell'Aula del Senato, Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia, pungola il ministro Federico D'Incà parlando di "due giorni di non lucida follia". "Immagino che ora - ripete anche la presidente dei senatori azzurri - trarrà le debite conseguenze come i suoi colleghi ministri e sottosegretari e si dimetta". "Beppe Grillo direbbe dimettetevi e fatevi accompagnare un'ultima volta a casa con le auto blu pagate dai contribuenti. La verità vi fa male e la coerenza vi difetta", è l'affondo della senatrice. Il colpo evidentemente va a segno visto il tentativo di zittirla con urla e fischi dai banchi del M5S, per cui è dovuta intervenire a mettere ordine la presidente Casellati.

Ad attaccare in mattinata D'Incà era stato anche il presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone, che aveva accusato il capo del dicastero dei Rapporti con il Parlamento di aver convocato la riunione dei capigruppo per proporre di bypassare la fiducia esaminando i singoli emendamenti all’insaputa del premier. "Tutto questo – tuonava il senatore renziano - solo per evitare che il suo partito diserti il voto di fiducia con le conseguenze naturali che questo gesto comporterà: la crisi di governo". Anche Fratelli d'Italia in Aula ha parlato di iniziativa inopportuna, criticando "il fatto che i ministri stiano ben stretti all'interno dell'esecutivo". Fonti governative hanno poi precisato che sul punto ci fosse un interlocuzione con Palazzo Chigi, che poi ha stroncato l’iniziativa chiedendo di porre la questione di fiducia alla fine della discussione.

Intanto Patuanelli, D’Incà e Dadone nel pomeriggio, come da programma, dovrebbero partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri che era stata convocata ieri per le 15.

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