Roma - All'inizio della scalata verso il potere, quando il Parlamento era una scatoletta di tonno da aprire, c'erano le piazze colme in cui si gridava, scandendo, onestà. E c'era lo streaming, emblema della trasparenza, altro mantra delle origini. Famoso quello del 2013, con un Pierluigi Bersani balbettante, di fronte a Beppe Grillo e ai capigruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi, solerti a inchiodare l'ex segretario del Pd al cospetto della folla onnivora del web.
Poi qualcosa è cambiato. E il silenzio assordante di Luigi Di Maio sulle proprietà «invisibili» del padre Antonio è solo l'ultimo passaggio della mutazione genetica. Cominciata non appena i pentastellati hanno piantato le prime bandierine nelle varie stanze dei bottoni. Virginia Raggi, sindaco di Roma da poco assolta nel processo per la nomina di Renato Marra al Campidoglio, si è circondata da subito di un apparato parallelo alla struttura del M5s, mai passato per il vaglio della «base». Salvatore Romeo e il fratello di Renato, Raffaele, erano le punte di diamante del gruppo dei cosiddetti «quattro amici al bar» al vertice della Capitale.
In poco tempo, il Movimento, davanti alle difficoltà dell'amministrazione cittadina, ha abbandonato la trasparenza per rifugiarsi nelle chat di whatsapp e sopra i tetti del Comune.
Ma eravamo solo all'antipasto. La campagna elettorale che ha portato i Cinque Stelle a Palazzo Chigi è stata contrassegnata dalla scoperta di una lunga serie di «furbetti» nel «partito degli onesti». Come rivelato da Le Iene, 10 parlamentari avevano imbrogliato sulle restituzioni dei rimborsi attraverso un escamotage al momento dell'invio del bonifico. Alcuni di loro sono stati spediti nel gruppo Misto, altri reintegrati. Tra i salvati dal capo spicca la deputata romagnola Giulia Sarti; la quale, dopo il fattaccio, si è precipitata in questura a denunciare l'ex fidanzato Bogdan Andrea Tibusche. Fino al quattro marzo sono spuntati, via via, indagati, massoni (l'ormai celebre deputato Catello Vitiello), picchiatori e taroccatori di cd.
Senza contare gli altri sindaci sotto accusa. Dal livornese Filippo Nogarin alla torinese Chiara Appendino. Tant'è che i vertici hanno dovuto modificare lo Statuto, derogando all'obbligo di dimissioni per gli eletti sottoposti a indagine. Tra gli inguaiati c'è anche Patrizio Cinque, sindaco di Bagheria, in provincia di Palermo. Salito ai disonori delle cronache per aver comprato un ecomostro abusivo a rischio frana con l'intenzione di farne un hotel di lusso.
Tornando di nuovo ai massimi livelli del grillismo, si è distinto per opacità il premier Giuseppe Conte. Il sito Politico.
eu prima scopre la partecipazione del presidente a un concorso pubblico per una cattedra alla Sapienza, poi Conte lascia intendere di volersi ritirare dalla procedura, ma il giorno della prima prova si viene a sapere che l'avvocato del popolo non aveva ancora rinunciato a correre per quel posto. Si ritirerà solo il giorno dopo, sommerso dalle polemiche. Costretto alla trasparenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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