I vantaggi di un mulo nell'era post tecnologica. Fatica e lavoro. Sono passati diversi anni da quando i trattori e i macchinari hanno mandato gli animali in pensione. Fotografie in bianco e nero, carichi enormi sulle spalle. Così come le truppe alpine, vecchio ricordo, separate dai muli, compagni d'armi e di avventura per oltre un secolo. La modernizzazione delle tecniche di combattimento in montagna avevano portato - un po' a malincuore - al congedo dei muli. E invece no. Le strade sterrate in alta montagna, le zone impervie dell'Afghanistan, del Kosovo. Qui ci arrivi al massimo in motocicletta, ma i carichi dove li metti? Certo, ci sarebbero gli elicotteri, ma con il mal tempo neanche a parlarne. Ecco perchè la Nato ha deciso di richiamare i muli messi in panchina. Alleati d'eccezione che l'Alleanza Atlantica ha deciso di richiamare alle armi. Bisogna mandare forniture e cibo ai soldati nelle zone impervie. Dare loro sostegno. E lo possono fare i muli. La zona in cui sono chiamati ad operare è aspra e numerosi villaggi sono tagliati fuori dagli assi di comunicazione e gli abitanti si arrangiano lavorando la poca terra fertile che possiedono e con la pastorizia. Non c'è elettricità, non esistono strade, fogne, acqua corrente. I bambini non vanno a scuola, perché è troppo lontano, ed anche ammalarsi è un lusso poiché non ci sono medici condotti e il presidio sanitario più vicino è a 30 chilometri da percorrere a dorso di mulo. Gli ultimi arrivano da Murcia, in Spagna che già dieci anni fa sono stati comprati dall'Esercito tedesco come appoggio alla sua Brigata di fanteria da montagna. Uno dei principali compiti di questa brigata è portare viveri e materiali alle truppe in luoghi di difficile accesso. E questi animali volenterosi ci riescono benissimo. Fino a centoventi chili da caricare sulle spalle. E il massimo della discrezione. Altro che l'arrivo in elicottero dove il nemico può facilmente sentirti arrivare.
E così, la vita di Antonio Reverte, un allevatore di muli di Murcia, ad esempio, come racconta El Pais è cambiata negli ultimi anni. Già dal 2009 quando l'Esercito tedesco ha comprato dei muli dal suo allevamento. «Mi è dispiaciuto doverli salutare, ha raccontato. E sinceramente pensavo di non vederli più. Poi la sorpresa: in un video della Nato eccoli lì. Trattati benissimo, coccolati, arruolati». E il video racconta bene l'affezione e il rispetto dei militari verso questi animali che in zone di guerra sono diventati preziosi alleati. C'è un soldato che racconta: «Durante il lungo tragitto scopri le doti di questi animali incredibili: la forza e la resistenza. Ma non solo, sono docili, intelligentissimi, che se tratti bene diventano davvero compagni che ti salvano la vita».
Le cime dell'Afghanistan - paese il cui territorio è per oltre tre quarti montuoso, con picchi che superano i 7000 metri - hanno visto anche Alpini e muli lavorare insieme. Poco tempo fa poi, ad aprile, gli alpini hanno pianto Iroso, l'ultimo mulo-alpino sopravvissuto a naja e macello. «Iroso è lassù, forte e vitale come un tempo, a sfidare di nuovo un sentiero impervio, perché Iroso non è morto, è andato avanti su quel sentiero», ha detto il governatore del Veneto Luca Zaia visibilmente commosso. E quello a Iroso è stato un addio al mito. Aveva 40 anni, equivalenti a 120 per un uomo, che erano stati festeggiati nel gennaio scorso dalle «penne nere» e dai proprietari, che lo avevano preso all'asta quando l'Esercito pensionò i muli per passare ai mezzi cingolati.
Per Iroso c'era stata una festa di compleanno con tanto di alza bandiera e fanfara in stile adunata alpina, a Cappella Maggiore (Treviso), dove viveva. Iroso, numero di matricola 212 scolpito sullo zoccolo e in forza alla disciolta Brigata Cadore, era ormai quasi cieco e acciaccato dal peso degli anni. Altri eroi oggi seguono le orme di Iroso.
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