Fin dagli esordi del governo giallo-verde era chiaro che con Luigi Di Maio allo sviluppo economico e Danilo Toninelli alle Infrastrutture molte grandi opere sarebbero diventate a rischio. A meno di due mesi dall'insediamento di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi si può già effettuare una prima stima dell'impatto negativo dei Cinque stelle su alta velocità, ferrovie, gasdotti e insediamenti industriali. Sono a rischio all'incirca 50 miliardi di euro tra valore delle infrastrutture e indotto, buona parte della copertura necessaria a garantire l'avvio della flat tax (60-70 miliardi). Insomma, una decrescita felice in tutti i sensi. E senza contare che l'ultima sparata anti-euro di Beppe Grillo è costata 4 punti base in più di spread (ieri a 234). I cento punti di rialzo dall'avvio del governo valgono, infatti, 2 miliardi a regime
TAV TORINO-LIONE
Il costo della sezione transfrontaliera è di circa 8,2 miliardi di euro, cofinanziato per il 50% dall'Unione europea. La quota restante è suddivisa tra Italia (25%) e Francia (25%). Sono attualmente impegnati in contratti per la realizzazione dell'opera circa 240 milioni di euro che arriveranno a 1 miliardo, prevede Telt (la società che gestisce la realizzazione dell'infrastruttura), a fine anno. Nel corso del 2019, in linea con il periodo di programmazione economica europea, è previsto l'affidamento di appalti per un importo di 5,5 miliardi. Per le opere da realizzare entro il 2019 (1,9 miliardi), Francia e Italia hanno beneficiato di un contributo europeo pari a 813,8 milioni di euro.
AUTOSTRADE DEL NORD
Il ministro Toninelli arebbe favorevole a una revisione dell'accordo di principio raggiunto tra il predecessore Delrio e il commissario Ue alla Concorrenza Vestager per la proroga delle concessioni nel Nord Ovest che interessa Autostrade per l'Italia e il gruppo Gavio. A fronte dei quattro anni in più accordati ai concessionari sono previsti 8,8 miliardi di investimenti per la realizzazione della Gronda di Genova e per il completamento dell'autostrada Asti-Cuneo. La ragione di un eventuale stop non è solo legata all'ambientalismo talebano, ma a un ridisegno generale del sistema delle concessioni per aumentare le entrate e lanciare il reddito di cittadinanza. Di qui anche il possibile stop alla Valdastico Nord, che collegherebbe A4 e A22 del Brennero. Toninelli vuole recuperare risorse anche da quelle concessioni.
OPERE IN VENETO
In Veneto sono a rischio altri 8 miliardi legati alle grandi opere. In primo luogo, le perplessità delle comunità locali (soprattutto a Vicenza) stanno facendo maturare l'idea di bloccare la Tav veneta visto anche i costi di realizzazione (2,8 miliardi). Il Mose di Venezia, che vale 5 miliardi, è quasi ultimato (93% dei lavori), ma i lavori sono fermi.
FAR WEST IN EMILIA
Lunedì scorso il governatore emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini ha lanciato un appello a non bloccare le opere finanziate e programmate. Tra queste l'Autostrada Cispadana (1,3 miliardi), la bretella Campogalliano-Sassuolo (750 milioni) e il Passante di Bologna (500 milioni). Quest'ultimo è parte integrante delle concessioni autostradali che Toninelli ha intenzione di rivedere. Le preoccupazioni di Bonaccini sono, pertanto, fondate. Il rischio di un vero e proprio far west è concreto.
CAOS IN PUGLIA
Il ministro Di Maio ha convocato ArcelorMittal lunedì per discutere dell'offerta migliorativa dal punto di vista ambientale per l'Ilva di Taranto.
Resta l'ipotesi di un blocco in autotutela della gara dell'anno scorso per alcuni difetti procedurali, circostanza che farebbe festeggiare gli attivisti pentastellati che sperano nella chiusura dell'impianto che genera un indotto pari all'1% del Pil (17 miliardi di euro). Più complicato bloccare il gasdotto Tap (4,5 miliardi) il cui arrivo sulle spiagge vicino Lecce irrita gli autoctoni. Le penali per uno stop si avvicinano ai 20 miliardi. Ma Di Maio & C. ci proveranno lo stesso.
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