Roma - Diecimila firme in una settimana, in testa 68 grandi scienziati italiani. Tutti a sostenere l'appello all'Unione europea, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature e on line su Change.org, perchè i governi europei garantiscano fondi per la ricerca uniformi, in modo da non creare una distorsione della competitività nazionale, in particolare del nostro Paese. Che ha cervelli d'eccellenza ma mette a loro disposizione risorse inadeguate, tarpando le ali a progetti che potrebbero avere un grande futuro.Quello che si chiede, in sostanza, è un «commissariamento per il bene della scienza» da parte dell'Europa. Mentre il mondo si congratula con gli studiosi del nostro Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per la scoperta delle onde gravitazionali, che gli scienziati italiani hanno fatto con i colleghi americani, e francesi, il sigillo finale alla teoria della relatività di Einstein diventa l'occasione per alzare un grido di protesta. L'idea parte da Giorgio Parisi, fisico teorico di fama e rilevanza mondiale dell'università La Sapienza di Roma e membro del Gruppo 2003, che ha raccolto a sostegno della sua lettera il fior fiore degli scienziati italiani, come i fisici Giovanni Ciccotti, Duccio Fanelli, Vincenzo Fiorentini e Stefano Ruffo.
«Chiediamo all'Ue - scrivono- di spingere i governi nazionali a mantenere i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza. Questo permetterebbe a tutti gli scienziati europei e non solo a quelli britannici, tedeschi e scandinavi di concorrere per i fondi di ricerca Horizon 2020». Insomma, nell'Ue la differenza di visione (e di spesa) dei governi causa una distorsione competitiva enorme, ingiustificata e dannosa, e serve un input forzato dall'Unione agli esecutivi nazionali, un «commissariamento per il bene della scienza» appunto. Altrimenti, accade che «i fondi di quest'anno per i progetti sovvenzionati dallo Stato sono, in Italia, di 92 milioni di euro. In Francia il bilancio annuale dell'Agenzia della Ricerca Scientifica Francese si attesta su un miliardo l'anno». Un divario incolmabile, che rischia di affossare la ricerca in un Paese i cui studiosi sono spesso di livello mondiale, come dimostra l'ultima scoperta.
L'appello è dunque diretto anche al nostro governo. «L'Italia - spiega Parisi - trascura gravemente la ricerca di base. Oramai da decenni il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) non riesce a finanziarla, operando in un regime di perenne carenza di risorse»Alla lettera è collegata la petizione su Change.org, che ha raccolto in pochi giorni 10 mila firme, numero destinato a crescere ancora. «Un successo quasi unico - sottolinea Parisi-considerando che si parla del tema della ricerca, poco dibattuto in Italia.
Sono felicissimo di aver potuto dare voce a un settore tanto trascurato del nostro Paese. Una parte di questi ricercatori rivendica il diritto di poter lavorare in Italia senza dover obbligatoriamente andare all'estero».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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