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I nuovi ristori sono già un pasticcio

Altro che celerità: tra risorse scarse e metodi di calcolo discutibili è rischio caos

I nuovi ristori sono già un pasticcio

«Dobbiamo lavorare con urgenza nei prossimi giorni per varare il nuovo decreto Ristori». Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ieri nelle comunicazioni al senato ha ribadito quanto affermato a Montecitorio, cioè che «tutta politica è stata la scelta di destinare, anche ricorrendo a ripetuti, progressivi scostamenti di bilancio, ingenti risorse - più di 100 miliardi di euro in termini di indebitamento netto - a sostegno di lavoratori, imprese, famiglie, categorie fragili, con ristori proporzionati alle perdite subite, anche se non intendo dire che sono sufficienti a compensare integralmente le perdite subite». A questo proposito oggi il Parlamento voterà il nuovo scostamento da 32 miliardi di euro che, come ha spiegato Conte, servirà a «offrire una ulteriore cintura di protezione sociale ed economica e per accantonare le riserve necessarie ad attivare gli ammortizzatori sociali per tutto il 2021».

Il quinto decreto Ristori, tuttavia, è destinato comunque a creare ulteriore malcontento. Se nelle versioni precedenti, infatti, si è scelta la strada dei codici di attività economica (Ateco) per compensare gli esercizi colpiti dai lockdown e accelerare, almeno in teoria, i versamenti da parte dell'Agenzia delle Entrate, questa volta il meccanismo sarà diverso. La perdita di fatturato minima del 33% su base annua, che dà diritto al ristoro, dovrebbe essere calcolata su base semestrale o annuale (per ricomprendere i business stagionali come quelli del turismo) e il rimborso, definitivamente esteso anche ai professionisti, coprirà i costi fissi non oggetto di provvidenze statali (come la cassa-Covid o gli affitti). Ne consegue, come il Giornale ha spiegato, che l'entità del ristoro sarà in molti casi inferiori a quelli ricevuti (quando ricevuti) in precedenza.

Ai rimborsi dovrebbe essere destinata una quindicina di miliardi di euro considerato che oltre 10 miliardi saranno più o meno equamente divisi tra la nuova cig straordinaria e la tregua fiscale tra rottamazione, sanatoria e rinvio dei termini. Considerato che il nuovo decreto coprirà anche costi della sanità (3 miliardi), dei trasporti e della scuola, il rischio di restare delusi è concreto.

Ecco perché il presidente del Consiglio avrebbe forse fatto meglio a non enfatizzare questa parte del programma di governo che, per quanto necessaria e urgente, avrebbe richiesto maggiore prudenza. Al momento non è escluso che si possano modificare i parametri di perdita del fatturato, alzandoli al 50%, se la platea dei beneficiari risultasse troppo estesa. La pandemia ha spazzato via l'anno scorso 290mila attività e sono stati persi circa 473mila posti di lavoro. Vale, dunque, la pena interrogarsi sulle modalità di intervento. Magari non in modo drastico come proposto da Mario Monti secondo cui non andrebbero sovvenzionati i business prossimi al fallimento, ma con maggiore incisività. Anche perché quando scadrà il blocco dei licenziamenti la situazione rischia di diventare drammatica poiché tutte le tensioni finanziarie si scaricheranno sui posti di lavoro in esubero.

Rinviare, inoltre, non si può poiché più tempo si perde meno margine di manovra si avrà a disposizione in quanto il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha promesso all'Europa di rimettere i conti in ordine dal 2022.

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