Roma Quaranta minuti per indossare e togliersi la divisa. Un lavoro a tutti gli effetti per gli stessi poliziotti che vogliono essere pagati. Una richiesta assurda? Non per il Tar che ha fissato al 26 febbraio 2020 l'udienza per discutere la questione. Una vertenza avviata all'indomani di una sentenza della Cassazione, la 7396 del 2015, che stabilisce: «Il tempo impiegato dal lavoratore per indossare la divisa è da considerarsi lavoro effettivo e deve essere retribuito quando si tratta di operazione strettamente necessaria e obbligatoria per lo svolgimento dell'attività lavorativa». Ma, passati quattro anni, agenti di polizia e carabinieri non hanno visto ancora un soldo in più in busta paga. «Vestire e togliersi la divisa da poliziotto è già un lavoro e allora è giusto retribuirlo visto che agenti in servizio sulle volanti o a contatto con il pubblico non possono fare a meno di indossarla. Come succede con il personale sanitario negli ospedali» commenta Roberto Traverso, segretario del sindacato Siap ligure che ha presentato ricorso al Tar per ottenere il «bonus divisa». In tema è stato approvato dalla Camera un emendamento di Gianni Tonelli, con voto trasversale, sul decreto Sicurezza.
In particolare chi sputa su un agente in divisa, da oggi, ne risponderà penalmente. La novità è sulla non archiviazione per lieve tenuità del fatto nei confronti di chi commette reati di violenza, oltraggio o resistenza a pubblico ufficiale.
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