Nella campagna per le presidenziali francesi, irrompe un dato choc: dal 1950 al 2020, in Francia sono stati 330 mila i minori vittime di abusi sessuali compiuti da sacerdoti, religiosi o laici in missione ecclesiale. Due terzi dei quali, 216mila, a opera del clero. Crolla dunque un argomento tabù, quello della pedofilia nella chiesa d'Oltralpe, già sollevato nel 2019 dal film di François Ozon, Grâce à Dieu, su cui s'erano scagliate accuse di portare al cinema tesi senza garantismo. Ora arrivano invece certezze «granitiche» su 70 anni di «crimini», per cui ha espresso la sua «vergogna, terrore, determinazione ad agire» monsignor Éric de Moulins-Beaufort, presidente della conferenza episcopale francese: «Conosco il nome di qualche vittima, chiedo perdono».
A definire i fatti di carattere «sistemico» è stata ieri la Commissione indipendente sugli abusi nella Chiesa (Ciase) guidata dal 72enne Jean-Marc Sauvé e incaricata di far chiarezza. Il report conclusivo ha generato uno tsunami emotivo a 360°, perché la «terribile realtà» stima tra i 2.900 e i 3.200 preti e funzionari cattolici coinvolti. Prove, testimonianze, nomi e cognomi. Tutto documentato in 485 pagine e 2.500 allegati con cifre, resoconti agghiaccianti e raccomandazioni per riformare la Chiesa e porre fine alle violenze sessuali in sagrestie, colonie estive, scuole cattoliche.
La montagna di carte è arrivata fino in Vaticano. Papa Francesco ha espresso dolore per le vittime e «gratitudine per il loro coraggio». I vescovi francesi, che avevano commissionato il rapporto, ipotizzano dall'anno prossimo risarcimenti: l'80 per cento delle vittime aveva tra i 10 e i 13 anni, erano maschi.
Gli abusi riguardano diocesi grandi e piccole, città e paesini: 13 casi al giorno. Dai social ai media tradizionali, si parla si crepa nella fiducia nelle istituzioni ecclesiastiche, in un Paese in cui più di un francese su due non crede più in Dio (il 51%, stando al sondaggio Ifop di agosto).
Quasi tutti i fatti nel rapporto Sauvé sono caduti in prescrizione, o i colpevoli sono morti. Tuttavia ci sono stati «22 rinvii al pubblico ministero» per abusi ancora perseguibili. «Abbiamo anche riferito più di 40 casi ai vescovi per informarli dei reati prescritti il cui autore è ancora vivo», ha spiegato Sauvé, tracciando le tappe del percorso che ieri ha portato la Chiesa al mea culpa immediato dopo anni di «silenzi e mancanze».
Teologi, magistrati, psichiatri: 21 membri hanno «attraversato» storie di dolore e vergogna. Due anni e mezzo di lavoro. Nei primi 17 mesi, 6.500 testimonianze; poi 250 audizioni e colloqui. Presentando il Rapporto, corredato da ricerche negli archivi della Chiesa, del ministero della Giustizia e dell'Interno e ritagli di giornale, ieri Sauvé ha denunciato la mentalità corporativista che ha a lungo cercato di coprire gli abusi. Già membro del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia Ue, dal 13 novembre 2018 guida l'indagine: il momento più difficile è stato «l'incontro con le vittime» in cui ha misurato «il potere distruttivo di quanto accaduto». «Ci siamo confrontati con il mistero del Male».
A nome degli
abusati ieri ha parlato François Devaux, cofondatore dell'associazione La Parole libérée, creata nel 2015 a Lione dalle vittime di padre Bernard Preynat. «È dall'inferno che voi, membri della Commissione, siete tornati».
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