Sono passati oltre 32 anni, da quando il reattore dell'unità 4 nella centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, esplose e diffuse materiali radioattivi nell'ambiente, provocando un'emergenza planetaria con la quale faremo i conti ancora per molto tempo. Dopo il disastro nucleare, l'ex Unione Sovietica ha istituito una zona di protezione pari a 30 km di diametro attorno alla struttura e ha evacuato oltre 120.000 persone da 189 città e comunità. Agli sfollati non era permesso portare nulla che non potessero tenere in una mano. Gli animali domestici furono tutti abbandonati. Le famiglie, con il cuore spezzato, attaccavano grossi biglietti alle loro porte: «Non uccidere il nostro Zhulka. È un buon cane». Ma la pietà era molto distante da Chernobyl, nel 1986.
Dopo l'evacuazione, i soldati dell'esercito sovietico furono inviati sul luogo per sparare agli animali domestici, una carneficina di cui non si sono mai conosciuti i dettagli. Ben presto i militari si accorsero che era impossibile radunare e abbattere tutti gli animali nei vari piccoli villaggi all'interno della zona di protezione. I loro discendenti rimangono ancora oggi e sono noti come «i reietti di Chernobyl».
Ci sono circa 30.000 cani e gatti randagi nella sola capitale ucraina di Kiev, ma i cani di Chernobyl sono tutt'altra storia. Sono stati cacciati da branchi di lupi rabbiosi che li attaccano. I reietti di Chernobyl sono malnutriti, sono esposti alla rabbia causata dal morso dei predatori selvatici e hanno un disperato bisogno di cure mediche. A Chernobyl non potete vedere cani adulti o anziani perché non vivono oltre i 6 anni e quelli che i volenterosi (e coraggiosi) operai della centrale salvano sono una minima parte rispetto a quelli che muoiono per malattie, attacchi di predatori e per lo spietato e gelido inverno ucraino.
Oggi però, la pietà è riapparsa anche in quella zona desolata e tocca anche i reietti. I cani che vivono vicino ai posti di blocco della zona hanno delle capanne fatte per loro dalle guardie, e alcuni sono abbastanza saggi da radunarsi vicino al caffè locale, avendo appreso che una presenza umana equivale al cibo. Questi gruppetti di cani fungono da mascotte non ufficiali di Chernobyl e accolgono qualche visitatore (non ci sono turisti a Chernobyl) che si ferma al Cafe Desyatka per un borscht (zuppa di verdure, ndr).
Nadezhda Starodub, una guida di Chernobyl, dice: «Io amo questi cani innocenti ma molte guide non lasciano toccare i cani per paura di futuri reclami alle autorità, in caso di contaminazione». La guida, che accompagna visitatori, tecnici e ricercatori nella zona protetta, vede un meticcio maltese con gli occhi di due colori e senza coda. Conosce bene il piccolo Tarzan e gli lancia una palla che il cagnolino caracollando va a recuperare, per riportarla nelle mani dell'uomo. «La salute di questi cani - spiega Nadezhda ai visitatori - è oggi affidata alla Clean Futures Fund, un'organizzazione no profit statunitense che aiuta le comunità colpite da incidenti industriali e ha creato tre cliniche veterinarie nella zona, tra cui una all'interno della centrale».
Le cliniche trattano le emergenze, fanno vaccinazioni e sterilizzazioni.
Lucas Hixson, cofondatore del'associazione, afferma: «Speriamo di ridurre la popolazione della zona di protezione a una dimensione gestibile in modo da poter nutrire e fornire assistenza a lungo termine per loro e maggiore sicurezza per i visitatori».Anche per i reietti di Chernobyl dopo la lunga notte viene l'alba.
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