Roma In un Paese tassa e spendi come l'Italia, la pressione fiscale diventa un indicatore di crescita economica. Ieri l'Istat ha diffuso una serie di dati sull'economia nazionale, quasi tutti incoraggianti. Altri segnali - piccoli - di una ripresa che sta arrivando, attutita e in ritardo, anche in Italia. Peccato siano soffocati, tanto per cambiare, da un aumento della pressione fiscale.
Le buone notizie sono che il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dell'1,5% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dell'1,3%. È cresciuta, di conseguenza, anche la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici, pari all'8,5%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Secondo l'Istat il rialzo annuo del reddito è stato del 2,4% e per la spesa del 2,6%. Per quanto riguarda le imprese, scende il tasso di investimento al 19,9% (era al 20,4% nel trimestre precedente). Dati così positivi non si vedevano dal terzo trimestre del 2011. Una rincorsa a treno già partito, come ha certificato mercoledì scorso il Centro studi Confindustria. I livelli pre crisi li raggiungeremo solo nel 2023.
A zavorrare l'economia in Italia è il fisco. I dati Istat sul primo trimestre danno conto di un ulteriore aumento della pressione fiscale. Il peso del fisco è stato pari al 38,9%, segnando un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Volendo semplificare al massimo, uscendo dalle cifre ufficiali Istat e proiettando le percentuali su un anno intero, gli italiani hanno messo in tasca una cifra vicina ai 20 miliardi. Di questi, cinque sono già finiti nelle casse del fisco.
L'aumento delle entrate ha comunque fatto bene ai conti pubblici o, perlomeno, agli indicatori che mettono in rapporto il rosso dei conti pubblici con la ricchezza prodotta. Il rapporto Deficit/Pil è infatti stato del 4,3%, inferiore di ben 0,6 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del 2016. Anche in questo caso il dato migliore dal 2010.
Il circolo, poco virtuoso, consiste in aumento timido della ricchezza e in un immediato aumento delle entrate per lo Stato. La conseguenza è un sollievo momentaneo per i conti pubblici, ma l'economia è destinata a non decollare, perlomeno non quanto negli altri paesi occidentali.
I dati sono stati salutati dalla maggioranza come la dimostrazione di quanto le riforme varate dagli ultimi due governi di centrosinistra abbiano raggiunto gli obiettivi. Prudenti i consumatori. «In questo contesto, parlare di redditi e consumi in rialzo ci sembra quantomeno poco realistico», ha scritto Emilio Viafora, presidente di Federconsumatori. L'associazione consumerista ricorda che «l'aumento della pressione fiscale e l'andamento dei prezzi che penalizza soprattutto i redditi medio bassi, con un tasso di inflazione che implica ricadute pari a 355 euro annui di aggravio a famiglia».
Più ottimista Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil che vede «uno stato di sostanziale ripresa economica» e chiede misure espansive nella prossima legge di bilancio. Ad esempio un taglio alle imposte e quindi una riduzione della pressione fiscale. Che per ora non è in vista, almeno nei dati dell'Istat.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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