Coronavirus

I russi: "Vaccino entro agosto". Inizia la nuova Guerra fredda

Mosca: "È un momento Sputnik", gli Usa accelerano. Ma lo studio più avanzato è quello di Oxford e Pomezia

I russi: "Vaccino entro agosto". Inizia la nuova Guerra fredda

Negli anni Cinquanta fu la corsa alla conquista dello spazio a mettere in competizione Russia e America. Ora le due super potenze sgomitano allo stesso modo. Ma per la corsa al vaccinoanti Covid. Una nuova Guerra fredda che vale miliardi dollari e una supremazia «politica» non da poco.

All'inizio della settimana gli Stati Uniti annunciano di essere pronti in autunno e di aver avviato la fase tre della sperimentazione per entrambi i progetti, quello di Pfizer e quello di Moderna Biotech.

A ruota seguono gli annunci dal Cremlino che proprio non ci sta a fare quello che arriva secondo nella partita delle partite. La Russia sostiene di essere pronta in meno di due settimane ad approvare il primo vaccino per il Covid-19. Lo riporta la Cnn, citando le dichiarazioni di funzionari russi che sostengono di lavorare alla data del 10 agosto, o anche prima. Il progetto dell'Istituto Gamaleya di Mosca sarebbe quindi molto più avanti di tutti gli altri.

«È un momento Sputnik» sostiene Kirill Dmitriev, a capo del fondo sovrano russo, che finanzia le ricerche per il vaccino. Il riferimento è al momento chiave della Guerra fredda: il lancio del primo satellite al mondo, nel 1957, da parte dell'allora Unione Sovietica, che colse di sorpresa tutti, soprattutto gli Stati Uniti, prodighi di annunci ma battuti sul tempo. «Gli americani rimasero sorpresi quando sentirono i bip dello Sputnik. È lo stesso col vaccino. La Russia ci arriverà per prima».

A occhio l'annuncio pare un po' azzardato: per ora infatti gli scienziati russi non hanno diffuso alcun dato scientifico sui test effettuati per il vaccino ed è impossibile al momento verificare in maniera indipendente la sicurezza o l'efficacia del farmaco. Entro Ferragosto si saprà la verità, ma qualcosa non torna e su tutti gli annunci fatti finora sembrano prevalere due esigenze: la voglia di affermarsi politicamente (Trump ha bisogno di un «pezzo forte» per la sua campagna elettorale in vista dell'Election day) e di far volare in Borsa i titoli delle società farmaceutiche in questione.

E forse anche per questo, oltre che per una forte voglia di rivincita, che gli Stati Uniti hanno annunciato i successi dei test sui macachi.

Risultato che già era stato ottenuto con un paio di mesi di anticipo dai ricercatori dell'università di Oxford che lavorano a braccetto con l'azienda italiana di Pomezia, già in pista per produrre le prime dosi di vaccino. La stessa Organizzazione mondiale della sanità ha ammesso che il progetto britannico/italiano è quello più valido e più avanzato nella sperimentazione. Se in questo caso gli annunci sono veri, allora potremmo contare su una cura anti Covid entro l'anno, ovviamente prima per le categorie a rischio e poi sempre più su larga scala.

Ma, a giudicare da come si stanno muovendo i Giganti del mondo, la partita in gioco è talmente grossa e politica che non si tratta solo di risultati di laboratorio.

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