I sindaci perdono 150 milioni Ecco il motivo della rivolta

Altro che solidarietà ai migranti, i Comuni ribelli e le coop amiche non riceveranno più i fondi per gli Sprar

I sindaci perdono 150 milioni Ecco il motivo della rivolta

P ur di difendere senza alcuna esitazione l'accoglienza dei migranti senza titolo sono scesi in piazza con tanto di ragazzini al seguito per gridare slogan desueti contro il ministro dell'Interno, hanno volantinato bollettini stampa intrisi di vendetta e inneggiato alla disobbedienza civile, reclamizzato sui social la minaccia di ricorrere alla Consulta contro il Dl Salvini e, non ultimo, spronato il terzo settore a inondare le città con un grande appuntamento di rilevanza nazionale. Sono loro, i sindaci tanto buonisti quanto disperati dimentichi di quella fascia tricolore di cui si fregiano nelle occasioni pubbliche e, altrettanto, di rispettare una legge dello Stato. Leoluca Orlando, Luigi de Magistris, Dario Nardella, Antonio Decaro e l'ordine non è certo d'importanza si sono autonominati nemici del decreto Sicurezza, almeno per quanto riguarda il capitolo sui permessi di soggiorno ai richiedenti asilo, e vorrebbero calpestarlo a suon di insulti. Già ma dietro l'enorme mole di chiacchiere che costoro, assieme al codazzo di altri primi cittadini meno in vista, sta inondando i media ci sarebbero delle mere motivazioni utilitaristiche e profondamente interessate. Ci sono in ballo infatti un bel mucchio di soldi che verranno stornati dai finanziamenti per l'accoglienza diffusa nei comuni e nelle aree metropolitane: poco più di 150 milioni di euro e solo nel primo anno. Già, perché tra permessi umanitari ormai scaduti e richiedenti asilo ospitati negli Sprar che dovranno essere trasferiti nei centri di accoglienza straordinari o, in caso di diniego, nei centri per il rimpatrio il numero di stranieri cui far fronte, a dir poco, si dimezzerà. I comuni quindi non otterranno più tutti quei fondi, previsti negli anni passati dai predecessori del ministro leghista, Angelino Alfano e Marco Minniti. Così non li potranno più ridistribuire a cooperative, enti benefici e onlus per i percorsi di integrazione e formazione. E i comuni dovranno fare a meno anche dei 700 euro a migrante senza titolo, se ospitato nella rete Sprar.

Nella stessa misura Cittalia, la fondazione dell'Anci (l'Associazione nazionale dei comuni) non andrà più a gestire la rendicontazione di migranti negli anni a venire intascando oltre 15 milioni di euro a triennio. Insomma più che ottime ragioni per protestare, anche se la solidarietà coi migranti c'entra poco.

A voler fare i conti in tasca ai comuni dissidenti si arriva facilmente all'ammontare elargito negli ultimi sette anni a ciascuno di loro. A Palermo, per il 2019, non entreranno più nelle casse ben 14,5 milioni di euro da impegnare nello Sprar: una beffa per Orlando che proprio un anno fa annunciava assieme al suo assessore alla Cittadinanza solidale di voler trasformare tutti i Cas in accoglienza diffusa avendo già incassato il via libera di Minniti e dell'Anci. Il profitto? Ben 100 milioni di euro all'anno nelle casse del capoluogo siciliano. Napoli invece dovrà rinunciare a 5,4 milioni, Bari a 4,2 e Firenze a 3,9. E facendo un'ulteriore disamina delle grandi città accoglienti viene fuori il resto degli impegni di spesa che resteranno nelle casse dello Stato. Torino (6,3 milioni), Milano (14,4), Brescia (4,2), Bologna (14,8), Livorno (3,9), Roma (17,2), Salerno (3,7) e Reggio Calabria (5,6). Insomma non ci provino questi sindaci a nascondersi dietro il dito della pietas. A questa decurtazione solo parziale di fondi, pari a 99,3 milioni circa, si devono aggiungere le risorse dell'ultimo decreto firmato ai primi di febbraio 2018, ossia a un mese dalle elezioni politiche, da Marco Minniti. Ulteriori 50 milioni di euro che andavano ad allargare la platea delle piccole comunità, delle reti costituite da comuni minori consorziati tra loro e aperti all'ospitalità dei richiedenti asilo.

Un sonoro stop anche per questi ultimi 170 territori che, assieme a tutti gli altri, andranno a perdere un altro milione e 400 mila euro frutto di quella quota a migrante (700 euro per ciascun ospite) elargita senza vincolo alcuno dal Viminale fino a tutto il 2018. Ed ecco che si arriva a un netto erariale di ben 150,7 milioni. Certo, un buon motivo per scendere in piazza e provare ad appellarsi alla Corte costituzionale. Altro che carità di patria.

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