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"I soldi venezuelani ai 5S con valigie diplomatiche. Forti legami con Roma"

Il giornalista d'inchiesta: "Uomini del regime chavista hanno il passaporto italiano"

"I soldi venezuelani ai 5S con valigie diplomatiche. Forti legami con Roma"

Alek Boyd è tra i giornalisti investigativi che meglio conoscono la corruzione del regime venezuelano che ha fatto sparire miliardi di dollari, affamando il suo popolo. Da anni vive a Londra perché non può più mettere piede nel suo paese. È stato minacciato più volte dalla dittatura di Caracas.

L'estradizione del «Pollo», Hugo Carvajal - l'ex capo dell'intelligence venezuelana che ha rivelato le dazioni di fondi del regime chavista a movimenti politici amici, tra cui M5s - dalla Spagna sta richiedendo più tempo del previsto. Quando sarà estradato negli Stati Uniti?

«Quando le autorità spagnole saranno soddisfatte delle informazioni che il Pollo ha promesso di rivelare su Podemos e sui politici spagnoli e quando le autorità americane daranno alla Spagna garanzie di un giusto processo, cosa totalmente assurda visto che Carvajal non è un cittadino spagnolo».

Cosa si sa finora del finanziamento del Chavismo al partito italiano filogovernativo Movimento 5 Stelle che ha confessato il Pollo?

«Che il Chavismo ha distribuito denaro in Italia attraverso valigie diplomatiche. Questa non è una novità, ma una pratica che è ancora in uso oggi. Nel 2010, è probabile ci sia stato lo scambio. Resta da vedere se le autorità italiane saranno diligenti».

I legami con l'Italia di Alex Saab, il prestanome di Maduro agli arresti a Miami, sono molto forti anche per via di sua moglie, Camilla Fabri. Cosa può dirci in proposito?

«La Fabri è dovuta fuggire dall'Italia per il suo coinvolgimento nel riciclaggio di denaro e nella corruzione del marito. Ha passato un po' di tempo a Mosca, il miglior posto al mondo per sfuggire alla giustizia americana. Ora è a Caracas, a promettere che Saab non collaborerà con il Dipartimento di Giustizia americano. È evidente che non è consapevole dello scarso rispetto che Saab ha dato alla sua prima moglie, né sembra avere la capacità intellettuale per capire i guai in cui si trova. Ora, dopo l'estradizione dello scorso 16 ottobre a Miami, le autorità italiane dovrebbero stabilire la responsabilità di Saab così come quella della Fabri».

Ci sono altri due venezuelani che hanno passaporti italiani. Uno è Rafael Ramirez, l'altro è Maikel Moreno. Può spiegare ai lettori chi sono?

«Ramirez è stato per più di un decennio l'architetto di tutta la corruzione in Venezuela. A capo di PDVSA, più di un miliardo di dollari sono passati per le sue mani di cui non rimane nulla. Ha cause pendenti davanti ai tribunali americani, di Andorra, portoghesi e italiani. È un mistero per me che gli sia permesso di vivere a Roma, senza lavoro o fonte di reddito nota, in un appartamento comprato con denaro illecito della Banca Privada d'Andorra, e che le autorità italiane non facciano nulla al riguardo. Un sacco di favori e denari gli devono essere dovuti dai potenti in Italia. Maikel Moreno invece è capo della Corte Suprema di Giustizia, l'appendice giudiziaria del regime chavista che ha il compito di assicurare che la massima corte faccia ciò che vuole il regime».

Possiamo spiegare con un esempio perché oggi il regime di Maduro è un narco regime?

«Il caso di Alex Saab, il prestanome di Maduro, è lampante. Suo partner in tutti gli affari del Venezuela è German Rubio Salas, alias Alvaro Pulido Vargas. Costui è stato condannato da un tribunale di Milano, nel 1997, a 15 anni di prigione per traffico di droga. Nel 2000 è stato arrestato in Colombia perché a capo del cartello di Bogotà. Maduro ha fatto tutti i tipi di affari con Saab, pur sapendo chi era il suo partner. Il fatto che il principale partner di Saab sia un trafficante di droga condannato in Italia è la migliore prova della natura criminale del regime chavista».

Cosa dovrebbe fare l'Italia per aiutare davvero il Venezuela?

«Impedire al chavismo e ai suoi operatori di usare Roma per scopi criminali. Le autorità italiane dovrebbero iniziare, per esempio, ad indagare su Ramirez e il resto del suo clan.

Sarebbe bello sapere chi li ha protetti, e vedere azioni concrete».

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