Coronavirus

I test sierologici non partono. Manca un ok per usare i dati

Tutto bloccato perché non c'è il via libera all'utilizzo dei numeri di telefono dei 190 mila selezionati

I test sierologici non partono. Manca un ok per usare i dati

Doveva partire ieri. Ma il test epidemiologico nazionale che ci farà capire quanto il Covid ha circolato veramente in Italia, non partirà neppure domani. Né dopodomani.

Il meccanismo è stato inceppato dalla solita burocrazia. Anzi peggio. Per sbloccare la macchina dei prelievi sierologici serve un provvedimento ad hoc che autorizzi l'utilizzo dei dati sensibili a scopo sanitario, cioè i numeri di telefono dei cittadini chiamati a sottoporsi al test.

All'Inps sperano che l'inghippo venga risolto nei prossimi giorni perché c'è voluto tempo e grandi capacità per coordinare l'intero e delicato meccanismo. Ed è tutto pronto. Compreso l'elenco di persone che saranno chiamate quando verrà autorizzato l'utilizzo dei numeri privati di ogni prescelto. «Gli operatori telefonici devono consegnare l'elenco spiega Linda Laura Sabbadini, statistica e direttore centrale dell'Istat ma qualcuno deve autorizzarli, è un problema di privacy».

È un piccolo ma grande dettaglio. Da risolvere al più presto visto che il resto del lavoro è già stato fatto «in grande collaborazione» di Regioni e Comuni e Asl. Tutte le istituzioni locali, infatti, hanno contribuito alla selezione dei 190mila italiani che rappresentano fedelmente lo spaccato della popolazione italiana dell'era Covid. Dovevano essere 150mila ma il campione è stato allargato perché si dà per scontato che qualcuno rinunci. «Tutti gli studi - spiega Sabbadini sostengono che è meglio ingrandire la platea piuttosto che sostituire i cittadini che rifiutano. Però vorrei lanciare un appello: più la gente partecipa e più le stime saranno precise».

E c'è da sperare che la collaborazione e la curiosità della gente prevalga: chi non vorrebbe sapere se è stato infettato più o meno consapevolmente e se ha sviluppato gli anticorpi che lo rendono immune per qualche tempo (forse un anno o due)?

Comunque, in tutta la penisola, sarà la Croce Rossa il grande angelo persuasore. I suoi volontari sono stati arruolati per telefonare e spiegare ai cittadini l'importanza della ricerca nazionale e offrire istruzioni. Per esempio, il prelievo. Dove e come effettuarlo. Inoltre, se si è ammalati l'esame è a domicilio.

Massima disponibilità, dunque, pur di ottenere il campionamento più rappresentativo possibile. Che è avvenuto partendo dalle regioni, tutte rappresentate. I comuni coinvolti invece, sono 2mila, in aggiunta alle province di Trento e Bolzano.

La selezione dei partecipanti è poi avvenuta tramite estrazione, tenendo fissi diversi criteri. Il sesso, le sei classi di età, dai sei anni fino ai 70 in su. Il lavoro delle persone è stata valutato per comparti a seconda del rischio: sanità e assistenza sociale, pubblica amministrazione e istruzione, mentre il resto delle attività è stato suddiviso in due parti: i cittadini che hanno sospeso il lavoro con il decreto dell'11 aprile scorso (circa 7,3 milioni) e quelli che invece hanno continuato a lavorare nonostante il lockdown (circa 16 milioni). In questa distinzione emerge che sono le donne a lavorare di più nei settori a medio-alto rischio (11 per cento) mentre gli uomini sono la minoranza (il 4 per cento).

Dunque, sulla base di questi parametri i cittadini saranno chiamati ai prelievi. E le regioni con la più alta affluenza saranno la Lombardia (27.398), Veneto (13.392), Emilia (12.155), Piemonte (10.275), Campania (11.615), Sicilia (11.183), Sardegna (7.985), Puglia (8.064), Basilicata, (7.400), Molise (5.

200).

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