Fa un po' impressione confrontare alcune stime di crescita della Germania uscite negli ultimi giorni con quella ufficiale per l'Italia inserita dal governo nella Legge di Bilancio approvata pochi giorni fa. La locomotiva tedesca nel 2019 potrebbe crescere dell'1,1%. L'Italia secondo il governo dovrebbe mettere a segno un più 1% del Pil. Da fanalino di coda dell'area euro a economia paragonabile al Paese più solido del Continente.
Nella prima versione della manovra la previsione ufficiale era addirittura dell'1,5% poi Bruxelles ha concordato con il governo italiano una linea un po' più realistica, che però rischia di essere ancora troppo ottimistica.
Il 2019 potrebbe segnare una frenata che ci riporterebbe più o meno al 2011. La cifra che circola (anche nella maggioranza) non è il punto percentuale del bilancio ufficiale, ma lo 0,4-0,5%. Meno delle stime ultra prudenziali di Fmi, Ocse e anche Bankitalia che prevede uno 0,9%. Sui livelli di quella decisamente pessimista di Goldman Sachs, che prevede proprio lo 0,4%. Come nel 2011, all'inizio di una delle crisi più profonde del Belpaese.
La gelata dell'economia si è sentita già alla fine dell'anno scorso. Il terzo trimestre del 2018 si è chiuso con un calo del Pil dello 0,1%. La prima stima Istat sul quarto trimestre arriverà tra 20 giorni. Se il Pil segnerà un altro segno meno saremo in recessione tecnica. E sono in molti a pensare che andrà così. «La crescita del Pil per il 2019 dovrebbe collocarsi nell'intervallo +0,5 - 0,7%» prevede Emanuele Canegrati, senior analyst BPPrime. Pesa un contesto internazionale sempre meno favorevole. Brexit, guerra commerciale Cina e Usa condizionano le prospettive della Germania. A Berlino si teme una recessione tecnica visto che il terzo trimestre del 2018 è stato negativo e che la produzione industriale degli ultimi mesi dell'anno scorso è stata negativa. La Germania è il primo partner commerciale dell'Italia.
In questo contesto è molto difficile per noi fare di meglio. Al di la delle dichiarazioni ufficiali, il governo spera veramente che il reddito di cittadinanza dia fiato ai consumi interni limitando il contagio internazionale. Ma proprio ieri Confcommercio ha sottolineato come la mini ripresa delle vendite di novembre sia da ascrivere interamente al Black Friday, mentre le prospettive per l'anno in corso rimangono «deboli».
Il governo si ritrova quindi di fronte un anno molto difficile, con un'economia che quasi sicuramente rallenterà, senza avere conosciuto una vera ripresa dopo il biennio nero 2012 e 2013. Con una crescita dello 0,4% sarà difficile rispettare gli obiettivi concordati con l'Ue sui conti pubblici, con la riduzione del deficit che tenda all'azzeramento e la riduzione del debito.
I margini per correggere in corsa il deficit di quest'anno ci sono. Più difficile la situazione per il 2020 e 2021. Tanto che nella maggioranza si dà per scontato che il prossimo anno scattino gli aumenti dell'Iva previsti dalla manovra. Non così drastici come quelli inseriti nelle clausole di salvaguardia (aliquota ridotta dal 10% al 13% e quella ordinaria dal 22% al 26,5%), ma parziali sì.
Tra le incognite che al momento sembrano tornare sotto controllo c'è la spesa per interessi. Ieri il Tesoro ha fatto il pieno nella prima asta di titoli pubblici del 2019, con un calo di nove punti base dei tassi di interesse rispetto al collocamento dello scorso 12 dicembre e un tasso dello 0,285%. «È la dimostrazione della grande fiducia degli investitori nei confronti del sistema Italia.
La nostra è un'economia sana alla faccia dei gufi», ha commentato il vicepremier Matteo Salvini. Vero che il clima sia cambiato. Fitch nei giorni scorsi ha riconosciuto ad esempio un miglioramento inaspettato soprattutto per il miglioramento delle relazioni con l'Ue. Ma la sfida della crescita sarà più complessa.
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