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Ilva, accordo governo-Mittal. Ma è l'Italia a pagare il conto

Lo Stato si impegna a diventare azionista del gruppo e il tribunale rimanda il dossier al 7 di febbraio

Ilva, accordo governo-Mittal. Ma è l'Italia a pagare il conto

Un preaccordo sul polo siderurgico di Taranto è quanto basta alla magistratura per mandare il dossier Ilva ai supplementari. Nuove scadenze sono state fissate, al 31 gennaio, per un'intesa vincolante tra la parti (sindacati compresi), e al 7 febbraio per escludere definitivamente il «recesso» davanti ai giudici di Milano. Un punto a favore del buon esito della trattativa che, in soldoni, sono però anche ulteriori 100 milioni di risorse in fumo, visto che l'Ex Ilva perde 2 milioni al giorno. Un danno collaterale vista la partita in gioco e il fatto che le parti hanno bisogno di tempo per definire i dettagli. Nelle 4 pagine, in inglese, degli heads of agreement i commissari straordinari dell'ex Ilva e Arcelor Mittal hanno raggiunto, di fatto, un'intesa di base per la ristrutturazione del contratto originario di affitto e la vendita degli stabilimenti e per l'operazione finanziaria di rilancio del polo siderurgico di Taranto.

L'operazione è condizionata all'ingresso dello Stato (tramite controllata, probabilmente Invitalia) nel capitale di Am InvestCo, la società italiana del gruppo partecipata da Arcelor e Intesa Sanpaolo (10%). Con una operazione di ricapitalizzazione lo Stato avrà così una partecipazione nel capitale dell'ex Ilva e potrà portare avanti un piano che prevede una produzione ibrida di acciaio a 8 milioni di tonnellate l'anno attraverso l'uso degli altoforni e dei forni elettrici.

Sul fronte ambientale, si precisa inoltre che «nel contesto e nell'ambito del nuovo piano industriale, sarà costituita una nuova società finanziata da azionisti pubblici e/o privati (newco) al fine di implementare e gestire, tra l'altro, ulteriori impianti di produzione di tecnologia verde nel sito industriale di Taranto».

Aspetto confermato ieri anche dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che ha ribadito come «la partecipazione dello Stato nel capitale dell'ex Ilva sia a fronte di un rilancio di Taranto con tecnologie green». L'operazione si allargherà, poi, dall'Ilva, all'intera Taranto con un fondo da 50 milioni per sostenere i lavoratori dell'ex Ilva già in Cig e misure per gli eventuali nuovi esuberi. Su questo aspetto il preaccordo non prevede numeri anche perché la trattativa con i sindacati, da giorni sul piede di guerra, non è ancora iniziata. Arcelor Mittal ne ha chiesti 4.700, ma il governo punterebbe a scendere a quota 2mila.

«Non conosciamo ancora i contenuti dell'accordo raggiunto tra l'amministrazione straordinaria e Arcelor Mittal. È stato un percorso inedito e di un'inaudita gravità che non ha visto il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali. Sarebbe intollerabile scoprire, dopo la pubblicazione del documento, che ci sia stata un'intesa che rende superflua la trattativa con le organizzazioni sindacali, così come accaduto con il governo Gentiloni», ha dichiarato il segretario della Uilm Rocco Palombella.

Tra le misure del «Cantiere Taranto» che il governo sta mettendo a punto e che dovrebbero essere contenute in un decreto ad hoc da varare a inizio gennaio, dopo la pausa natalizia, figurano poi il rilancio ambientale e occupazionale della città.

Per gestire il nodo esuberi si stanno studiando diverse ipotesi, compresa quella di incentivare, con un bonus, chi dovesse accettare un nuovo lavoro lontano da Taranto, quella di rafforzare gli incentivi per i lavoratori a usufruire dell'assegno di ricollocazione e sgravi al 100% per tre anni per le imprese che li assumono. Prevista poi la rivalsa dell'Iva per le aziende creditrici nei confronti dell'amministrazione straordinaria. Spuntano anche risorse (5 milioni in 2 anni) per aiutare il comune di Taranto a demolire le strutture abusive della città vecchia.

Si prevede, infine, anche di destinare al Comune la quota dell'Imu sui capannoni di competenza statale.

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