L'accordo ottenuto per il prossimo rilancio dell'Ilva manda su tutte le furie le opposizioni. Non tanto per l'accordo in sé, quanto per il fatto che il ministro dello Sviluppo economico e vicepremier Luigi Di Maio avrebbe speculato sulle presunte censure dell'Avvocatura dello Stato circa l'illegittimità della gara che ha consegnato la più grande acciaieria tarantina nelle mani del gruppo franco-indiano Arcelor Mittal. Di Maio aveva sostenuto che pur illegittima la gara non poteva essere annullata. E che un parere della Avvocatura dello Stato lo dimostrava. Lo stesso Di Maio ha però aspettato fino a ieri per rendere pubblica il suddetto parere dell'Avvocatura. E questo soltanto dopo ovviamente che la «questione Ilva» fosse arrivata alla sua conclusione. «E pensare che i grillini quando erano all'opposizione avevano l'ambizioso disegno di far nascere un grande giardino dalle ceneri dell'acciaieria! - ricorda malizioso Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia - Ma è ovvio che l'Ilva non poteva essere trasformata in un giardino. Se ci avessero ascoltato saremmo giunti alle stesse conclusioni di oggi già diversi mesi fa». Insomma i grillini di governo sono una cosa molto diversa dai pentastellati che urlavano dai banchi dell'opposizione. Tanto che in molti, in questi giorni, hanno ironizzato sul fatto che l'accordo raggiunto dal ministero dello Sviluppo economico insieme con i commissari straordinari dell'Ilva e con i manager franco-indiani del colosso Arcelor Mittal, fosse molto simile a quello proposto dall'allora ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda (Pd). Quest'ultimo è andato su tutte le furie dopo la lettura del parere dell'Avvocatura che in buona sostanza spiega che l'annullamento dell'accordo era e sarebbe stato sempre possibile di fronte a un superiore interesse pubblico. E, secondo gli stessi avvocati dello Stato che hanno redatto il parere, in questo caso soltanto una questione legata alla salute pubblica o alla tutela ambientale avrebbe potuto far scattare l'annullamento, giudicato da Di Maio impossibile pur di fronte a una gara pasticciata e in parte «illegittima». «È chiaro ora perché Di Maio ha tenuto segreto il parere dell'Avvocatura! - incalza Calenda - L'eccesso di potere ci sarebbe stato se non si fosse tenuto in conto l'interesse pubblico. In un Paese serio un ministro che distorce un parere istituzionale si dimetterebbe». E il paradosso è che tutta la campagna elettorale dei Cinque Stelle per arrivare al 4 marzo è stata improntata proprio alla chiusura dell'Ilva, continuano a ripetersi infuriati gli esponenti del Pd che sul rilancio delle acciaierie tarantine ci avevano messo la faccia.
Con la mossa di ieri Di Maio ha formalmente chiuso il procedimento avviato sulla gara di aggiudicazione delle acciaierie. La fine dello «stallo» è stata salutata con favore dall'ex ministro Piero Gnudi, tra i commissari dell'Ilva.
E ottimista si è dichiarato anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che da Cernobbio commenta: «Questo accordo sull'Ilva per noi è convincente». Accordo che si sintetizza con 8.200 i lavoratori riassunti a tempo indeterminato nello stabilimento di Taranto. In forza alla ArcelorMittal Italia Spa saranno complessivamente 10.340 dipendenti.
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