Coronavirus

Immuni flop, grande fuga delle Regioni. E per uno smartphone su 4 non funziona

Dopo Friuli, Veneto e Sicilia, stop anche dal Piemonte. I telefoni Huawei non compatibili. "Human Mobility", nasce la nuova app

Immuni flop, grande fuga delle Regioni. E per uno smartphone su 4 non funziona

Secondo gli ultimi conteggi, un italiano su quattro possiede uno smartphone targato Huawei o comunque Honor, brand che fa parte del gruppo. Secondo le ultime notizie un italiano su quattro non potrà scaricare Immuni, perché i suddetti dispositivi non possono supportare l'app di tracciamenti: né quelli più vecchi con ancora in corpo le applicazioni di Google, né quelli nuovi arrivati dopo la scure di Trump nei confronto del brand cinese.

Capirete che già partendo così, sarà un (in)successo. Intendiamoci: la colpa non è di Bending Spoons - l'azienda che ha prodotto Immuni -, ma di un'incompatibilità non si sa se rimediabile con il sistema Huawei. Ma il danno comunque c'è, soprattutto se - come detto ieri all'Huffington Post dal professor Stefano Zanero del Politecnico di Milano -, «per funzionare davvero l'app dovrebbe essere scaricata da tutti». Dunque: il sistema che avrebbe dovuto salvarci dal contagio, più che zoppo parte gambizzato.

Non è un problema di privacy, ma di credibilità. Anche gli esperti della Regione Piemonte per esempio hanno sconsigliato il Governatore Cirio di puntare sul tracciamento nazionale, e il perché sta nel fatto che con numeri limitati l'app sia inaffidabile. Tralasciando poi il discorso della conservazione dei dati, che solleva più di un dubbio. Ma la questione è: scaricare o no Immuni sullo smartphone? Risposta degli esperti: «Grazie, anche no». Così - dopo Veneto, Friuli e Sicilia(che ha prodotto la sua app Sicilia SiCura) - un'altra Regione di sfila. Nonostante il governo saluti come un successo che un milione e mezzo di italiani abbia fatto il download. Circa il 3% degli over 14 (sotto, per dire, non si può).

Non è disfattismo dunque, ma puro conteggio dei fatti. Che dimostrano come uno dei pilastri nella «nuova normalità» sia per ora un castello di sabbia. Questione di probabilità, calcolando che per far risultare una positività uno dovrebbe stare più di due minuti a meno di due metri da un positivo, decidere di rivelarlo al proprio medico, decidere altresì di andare a fare un tampone e alle fine volontariamente consegnare il proprio codice a un server pubblico. La statistica rema contro, e anche la logica. Se poi si aggiunge che l'kacker Max Uggeri, detto Il Reverendo, l'ha buttata lì così: «Chi gestisce il database, ovvero Sogei, su questo fronte ha fatto già figure non proprio bellissime in passato. Il primo rischio è quello che qualche malintenzionato lo attacchi per generare dei falsi positivi: se fossi all'opposizione ci farei un pensierino...».

In pratica: se proprio vogliamo salvarci con un app, forse meglio considerare «Human Mobility», che è sstata presentata ieri. Nata dal gruppo di tecnici che aveva approntato una dei primi servizi di alert anti-Covid con il supporto del capitale Be (gruppo quotato in Borsa), aiuta le aziende a gestire mobilità e spazi dentro gli uffici grazie a degli algoritmi.

Perché distanziati bene è meglio che Immuni senza esserlo.

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