L'affaire si complica. O meglio era già complicato. Fin dall'inizio. La polizia spagnola tace. E questo - almeno per chi conosce i «rituali» degli investigatori iberici- suona come una conferma: la morte di Stefano Bertona e della sua amante russa, avvenuta sabato notte su un mini-yacht di 12 metri nel porto di Roses, in Spagna, non è stata archiviata come una semplice overdose. O come un'incidente. Si indaga, anzi indagano tre polizie: i Mossos d'Esquadra, gli agenti di Frontiera e soprattutto la Policia national. Qualcosa si muove anche in Italia. Ancora nessun fascicolo aperto dalla magistratura, ma la Squadra mobile genovese a dato il via ai primi accertamenti. Tutto in fase preliminare, in attesa dei rapporti dei colleghi catalani, soprattutto delle loro conclusioni. I tempi si preannunciano lunghi. Anche per il rientro della salma.
Ieri Arianna Barella, la moglie quarantenne di Stefano Bertona, ha raggiunto Barcellona per parlare con gli inquirenti, soprattutto per nominare un perito che possa partecipare a nome della famiglia, agli esami autoptici. L'ipotesi dell'avvelenamento da monossido, fuoriuscito dai motori del natante, davvero risulta poco credibile. L'imbarcazione era ormeggiata, le «macchine» in banchina devono rimanere spente. Così come perlomeno strana risulta una duplice, contemporanea, overdose da cocaina. Primo a volerci vedere chiaro è il giudice del Tribunale di Figueras, cui è stato affidato il caso.
C'è un filo rosso, intricato, che si srotola tortuoso dal porto del capoluogo ligure fino al mare della Catalogna, un filo da dipanare e riavvolgere, ripercorrendo le vite parallele, segrete ed incrociate della coppia clandestina. Lei, un po' hostess un po' entraineuse, segretaria affascinante per giustificarne la presenza in azienda (almeno fino all'estate dello scorso anno,) ma ancora con frequentazioni nei locali notturni tra Novara e Lugano. Lui, con una società, se non allo stremo, ridotta ai minimi termini. E guadagni, forse, non più adeguati alle sue lussuose abitudini. Compresi i vizietti classici di una vita by night. La Prioriy Yachts, società specializzata in allestimenti per barche di lusso ed eventi per benestanti turisti soprattutto dell'Est, negli ultimi tempi non navigava in acque tranquille. Anzi: aveva dovuto tagliare cinque dei sette dipendenti. E Stefano Bertona, in ditta c'era di rado. Il socio, vive in Polonia, si chiama Thomasz Filipiak e - dicono- che non si vedesse mai nonostante possieda il 50 per cento dell'attività. Il quadro che ne risulta, insomma, è tutto fuorché cristallino. Ecco la strade che stanno ripercorrendo gli investigatori, affari e privato, intrecci che potrebbero aver innescato un duplice e mascherato delitto. L'autopsia, in particolare gli esami tossicologici, potranno dare le prime risposte.
Almeno chiarire se sia davvero necessario indagare ancora.Cosa che, forse, staranno facendo anche i russi visto che Leila Sultangareeva, 28 anni, era originaria di Mosca. In Italia da circa tre anni, dagli «amici» si faceva chiamare Lilu Gareeva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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