Imprudenze e omissioni: i disastri della sinistra che accusa la Lombardia

Tutti contro Fontana che propose la serrata. Ma Sala coniò lo slogan: "Milano non si ferma"

Imprudenze e omissioni: i disastri della sinistra che accusa la Lombardia

Non il Pd. Nella tragedia che ha travolto l'Italia è difficile pensare che una parte politica possa indossare le vesti dell'accusatore. Una cosa è certa: non ha titoli per farlo il Pd. Eppure i dem ci provano: puntano il dito ed evocano il «redde rationem».

Chiusura, tamponi, mascherine. Le imputazioni sono queste. E riguardando con freddezza il surreale film di 5 settimane di emergenza, le certezze non sono molte, ma una di queste è che il Pd l'ha capita meno degli altri e dopo gli altri. Per rendersene conto non c'è bisogno di risalire alla campagna «abbraccia un cinese», ai primi di febbraio. Sono, quelli, i giorni in cui i governatori (leghisti) avevano chiesto la quarantena per le persone - di ogni etnia - di ritorno dalla Cina. È il 2 febbraio quando il sindaco di Firenze Dario Nardella dichiara: «Quello che non è accettabile è il terrorismo psicologico e lo sciacallaggio che alcuni fanno per trovare soltanto una scusa per l'odio». Ed è solo un esempio. L'ideologia «anti-razzista» occupa sola la prima scena. Nelle successive il film prosegue con una costante: il clamoroso ritardo della sinistra nel mettere a fuoco il problema. «Parola d'ordine normalità! esclama il 27 febbraio il segretario dem Nicola Zingaretti partecipando all'aperitivo organizzato per raccogliere «l'appello lanciato dal sindaco di Milano e dal Pd Milano». Sono i giorni del «Milanononsiferma». Nardella intanto si appresta ad aprire gratis i musei «contro la paura». E il 26 lancia l'appello per aiutare il turismo «prima vittima della psicosi Coronavirus». Quando Zingaretti arriva sui Navigli è già passata quasi una settimana dal focolaio di Codogno. «Non fomentiamo allarmismi» è la filosofia di tutto il Pd, non solo di Sala (che ora si è scusato). «Zinga» va a mangiare la pizza coi compagni, fra loro la segretaria milanese Silvia Roggiani. Il predecessore Pietro Bussolati - che ora si atteggia a censore della Regione - il 25 febbraio prevede che «gli effetti più devastanti del Coronavirus saranno sul piano economico» e il 28 febbraio si chiede come mai qualcuno non comprenda che si debba «fare ogni cosa possibile per tornare alla normalità?». «Milano riparte» proclama anche l'eurodeputato Pierfrancesco Majorino. «Nessuno va lasciato indietro» aggiunge, alludendo almeno ai timori per gli anziani.

Il caso positivo ad Alzano (Bergamo) è stato accertato domenica 23. La Regione preme sul governo per chiudere: aspetta la zona rossa anche nella Bergamasca. Tutti si dibattono fra la paura del virus e l'ignoto. Comprensibile anche l'ansia di ripartire. Ma quella è la priorità del Pd. Il sindaco pd Giorgio Gori fa eco a Sala: «Bergamo non ti fermare» scrive il 26 febbraio. E rivolto agli operatori commerciali rassicura: «Stiamo facendo il possibile perché le misure di contenimento durino il minimo indispensabile». Nessuno può immaginare fino in fondo il dramma che Bergamo sarà chiamata a vivere. Un mese e mezzo dopo siamo al rimpallo sulla mancata chiusura di Alzano.

Il 26 il governatore Attilio Fontana si mette in quarantena con la mascherina. Giù critiche. Bussolati lo considera un «errore marchiano». Il capogruppo Fabio Pizzul spiega che è «devastante» per «l'immagine internazionale». Secondo lui non si possono «bloccare in modo definitivo le nostre città». Ma una certa concordia tiene. La Regione il 28 chiede di confermare le prime misure di contenimento. «Perché non ha fatto una nuova ordinanza direttamente? - chiede retorico Bussolati - Perché semplicemente non può». Non può. Dal Pd spiegano che la «preoccupazione principale» della Regione, quella «che la porta a non aprire», è «il rischio di non avere posti letto». Preoccupazione fondata col senno di poi. Al Pirellone lo era già allora. E anche sui famosi «tamponi a tappeto» chiesti - adesso - dal Pd, la questione è diversa da come appare oggi. Il professore Luca Ricolfi ha già registrato che in quella settimana parte l'«offensiva del governo contro i tamponi». Ci sono anche indicazioni del governo alle Regioni. Nel Pd, Majorino il 29 intervista Maria Rita Gismondo del Laboratorio del «Sacco». Majorino parla di un «eccesso di drammatizzazione». Si invita all'attenzione, e a valutare le «dimensioni» del fenomeno, mettendo in guardia dal «panico».

«In Francia - spiega l'esperta - hanno registrato 400 casi ma hanno indagato solo sui pazienti con sintomi. Noi abbiamo fatto controlli a tappeto». Troppo, pare. La mediazione? «Sentinelle di controllo epidemiologico per controllare il virus e diagnosi esclusivamente sui sintomatici». «Perfetto» conclude Majorino.

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