«Sono disgustato», «è un mercimonio», «una ferita profonda alla partecipazione democratica». Dopo i video sui presunti brogli in alcuni gazebo partenopei, con distribuzione di monete da un euro da versare al seggio per potere votare o con esponenti locali del centrodestra (area cosentiniana, assicurano gli esperti) avvistati alle urne, Antonio Bassolino annuncia di aver fatto ricorso alla Commissione di garanzia del Pd. Il grande sconfitto vesuviano chiede che venga riesaminato, alla luce del suddetto «mercimonio», il risultato che lo ha visto uscire come il Grande rottamato. L'ex governatore ha perso per poco più di 400 voti, e forse spera in un possibile ribaltamento dei risultati. Il suo eterno rivale Vincenzo De Luca, oggi presidente della Regione, minimizza da par suo la faccenda: «Sono babbarìe, sciocchezze. Non vorrei che si cercasse di sporcare una vicenda democratica che si è svolta in serenità».Intanto la Procura di Napoli apre un fascicolo (senza ipotesi di reato) sull'accaduto. In ogni caso, l'episodio getta un'ombra sulle primarie del Pd, manda in sollucchero Beppe Grillo e i suoi adepti che si scatenano in una gara di anatemi contro il partito renziano, e offre un nuovo argomento di polemica alla minoranza Pd, che sosteneva tutti i candidati sconfitti alle primarie, Bassolino incluso. Il rischio di un nuovo caso Liguria viene esorcizzato dallo stato maggiore Pd: «Si faranno tutti i controlli necessari, ma Bassolino non è Cofferati», dice il capogruppo Ettore Rosato, liquidando l'ipotesi che lo sconfitto di Napoli, non digerendo il pensionamento, si candidi contro il proprio partito (in verità Cofferati, per evitarsi figuracce elettorali, candidò un proprio seguace, ma di certo collaborò a far perdere la Regione al Pd). L'ipotesi di annullamento delle consultazioni viene recisamente esclusa dal Nazareno: «Se saranno accertati singoli casi di irregolarità, saranno valutati e giudicati con fermezza dagli organismi di garanzia che solo il Pd ha», dice Lorenzo Guerini, che spiega: «ciò che non è accettabile è che si mettano in discussione le primarie e i chiari risultati che hanno sancito». Ossia la vittoria dei candidati renziani, che ovviamente non piace agli sconfitti della minoranza.Sta di fatto che tra putiferio sul caso Bassolino a Napoli e can can sul calo dei votanti a Roma, le primarie sono finite di nuovo nell'occhio del ciclone, e i decibel della lite permanente nel Pd sono saliti al massimo. L'aspirante leader della fronda interna, Roberto Speranza, mette nel mirino il presidente del Pd Matteo Orfini, reo di aver fatto notare che il numero meno gonfiato del solito di votanti nella Capitale dipende anche dall'assenza, stavolta, di «file di Rom e capibastone di Mafia Capitale». Speranza si indigna: «Parole offensive verso chi non è andato ai gazebo, Orfini è arrogante». Poi però gli tocca smentire la voce di una candidatura Bray, pilotata da D'Alema, per far perdere da sinistra il Pd: «Chi ha vinto le primarie deve essere sostenuto da tutti, e noi lo faremo», giura. Orfini replica a brutto muso: «Purtroppo dire che alle primarie del 2013 (quelle vinte da Marino, ndr) c'erano le truppe cammellate non è una mia opinione, ma pura cronaca». Poi l'affondo alla minoranza: «Noi lavoriamo per vincere a Roma. Se avete voglia di venire a dare una mano, ne siamo lieti. Se volete continuare a giocare al congresso fate pure. Ma non ve la prendete se non risponderemo più».
Poi il presidente del Pd fa sapere di aver convocato, «d'intesa con Renzi», una direzione del partito per il 21 marzo: «Almeno questo dibattito surreale lo facciamo in una sede propria, e non attraverso giornali e le tv».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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