Milano «Alex, se ne aspettava di meno?» Silenzio. «Alex, continua a proclamarsi innocente?». Silenzio. Alto, bello, avvolto nel completo grigio su misura, Alex Boettcher se ne va. Incassa quattordici anni di carcere senza che gli frema un sopracciglio. Martina, la ragazza che insieme a lui è scesa, mano nella mano, in questo girone di sesso, parolacce, gelosie, violenza e delitti feroci, è lontana, nella cella di San Vittore dove l'hanno riportata a fine mattinata, prima della sentenza, perché non reggeva. Non è malata, Martina: è semplicemente incinta. Di lui, di Alex. Ma non saranno mai genitori, i due amanti dell'acido. Il loro bambino nascerà tra qualche mese. Verrà tolto, e affidato a qualcuno in grado di allevarlo. Perché per il tribunale di Milano sono interdetti per sempre da qualunque diritto, anche da quello di essere padre e madre, conseguenza inevitabile del loro rapporto col mondo.
Per avere devastato per sempre il ventiduenne Pietro Barbini - anche lui come Martina ex allievo del «Parini» di via Goito, il liceo di chi a Milano comanda e di chi vorrebbe comandare - il giudice Anna Introini condanna ieri Alex e Martina a 14 anni di carcere, appena uno in meno di quello che aveva chiesto il pm Marcello Musso (e oltre un milione di risarcimento): ed era apparsa una richiesta spropositata, perché Barbini è sfigurato ma vivo, e invece ci sono assassini che se la cavano con meno. E invece il tribunale segue la strada indicata dal pm, toglie solo l'aggravante della crudeltà, ma lascia tutto il resto: i danni irreparabili, la premeditazione, e soprattutto i «motivi abietti» che portarono il 28 dicembre ad aggredire Barbini, «le ragioni di rivalsa, di spirito punitivo, di morboso desidero di «purificare» o «lavare» la coppia da precedenti rapporti amorosi», come ha scritto il pm Musso nella requisitoria; è la «saga purificatrice» intrapresa dalla coppia contro chiunque avesse attraversato la loro strada di perversione sessuale, consciamente - e facendosene in qualche modo attrarre come l'ultima vittima, Barbini - o anche solo inconsapevolmente, come le vittime degli agguati precedenti, per cui il 6 luglio inizierà un nuovo processo.
Come questo sia potuto accadere, non nel degrado di chissà quale periferia ma nella levigata Milano del centro, è un tema su cui l'inchiesta ha scavato a lungo, e dovranno farlo anche i giudici nel motivare la sentenza. È chiaro che il vero tema di fondo è quello su cui ruota la perizia psichiatrica: si può arrivare a questo punto, rovinare la vita altrui e la propria, sull'onda di un estremismo sessuale che non si ha la maturità per reggere, ma senza essere pazzi? I periti nominati dal tribunale hanno stabilito che sì, si può. Magari i due saranno borderline , e probabilmente se non si fossero incontrati non avrebbero mai fatto male a nessuno: ma messa insieme «la coppia si integra in modo simmetrico e armonico», «i tratti manipolativi ed egocentrici» dell'uno e dell'altra diventano gli ingredienti di un cocktail devastante.
Ci si poteva aspettare che il tribunale, a differenza del pm, trattasse i due imputati con diversa severità: perché è vero che ad agire, la sera del 28 dicembre, fu soprattutto Martina, ma tutto o quasi sembra dire che il dominus della coppia era lui, Alex.
E che oggi Martina confessi e si prenda la colpa, permettendo a lui di arroccarsi in una surreale protesta di innocenza («passavo per caso») sembra confermare questa vocazione alla subalternità e al sacrificio. Ma non per i giudici.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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