Indagati e condannati per sbaglio Il risarcimento? Lo tiene lo Stato

Uno preso per corruttore, l'altro 2 anni in cella per droga Indennizzo negato alla 81enne: è scivolata per colpa sua

Indagati e condannati per sbaglio Il risarcimento? Lo tiene lo Stato

C'è l'errore, d'accordo. Ma spesso i guai sono come le ciliegie. Uno tira l'altro. E così l'imputato o più semplicemente la persona che vorrebbe solo giustizia deve strisciare sotto una galleria di umiliazioni, sofferenze, paradossi. Qualche volta la sentenza timbra anche la beffa, dopo aver certificato il danno subito dal malcapitato. Dipende. Il ventaglio delle sorprese è purtroppo sterminato. Torna in mente l'errore giudiziario per eccellenza, quello di Daniele Barillà, il piccolo imprenditore brianzolo arrestato sulla tangenziale di Milano il 13 febbraio 1992, nei giorni in cui il motore di Mani pulite scalda i motori. Barillà non c'entra niente con Tangentopoli, lui dovrebbe essere, e invece non è, un trafficante di droga. Ma il gip che lo interroga, Italo Ghitti, è lo stesso che firmerà nei mesi seguenti centinaia di arresti per i colletti bianchi dei partiti. E Ghitti si sorprende perché l'indagato, ammanettato secondo lui con le mani nel sacco, resiste e si ostina a proclamarsi innocente. «Se lei non confessa - è la profezia - si beccherà vent'anni». Previsione quasi azzeccata, perché l'artigiano viene condannato a 18 anni, ridotti poi a 15 in appello e confermati in cassazione. Lui, per tirarsi fuori da quel disastro, racconterebbe pure quello che non ha fatto, ma il problema è che non sa cosa confessare. Come Crainquebille, il verduraio uscito dalla penna di Anatole France che racconterebbe volentieri il proprio peccato alle forze dell'ordine se solo sapesse qual è. La storia di Barillà si trascina per sette anni mezzo, fino alla svolta nel 1999, come una somma di equivoci: il suo silenzio colmo di angoscia viene scambiato, anche nei verdetti, per lo spessore criminale di un boss incallito. E quei testimoni, amici e parenti, che gli hanno garantito l'alibi narrando per filo e per segno cosa ha fatto, e dove era nelle ore decisive del 13 febbraio 1992, vengono incriminati e rischiano di essere processati a loro volta. L'errore chiama errore.

A volte invece si mischia alla prepotenza. Enrico Maria Grecchi, altro nome sconosciuto al grande pubblico e lontano dai riflettori, si fa 654 giorni di cella per traffico di stupefacenti, prima di essere assolto in appello e secondo grado. Con la banda di malfattori lui non c'entra niente. Potrebbe bastare, ma la giustizia si prende la rivincita alleandosi con la burocrazia più ottusa. Succede infatti che il ministro dell'Economia stacchi finalmente l'assegno per l'ingiusta detenzione: 91.560 euro. Stirati. Stiratissimi, molti meno di quelli richiesti perché Grecchi, a sentire i magistrati, non ha schivato l'amicizia con un tipo poco raccomandabile e questo ha indotto in errore i giudici che l'hanno incarcerato. Alla fine, è sempre colpa sua. Ma non è finita. Quei soldi dovrebbero essere un mezzo risarcimento, innescano un nuovo scempio. Nella partita si butta infatti Equitalia che vanta crediti pari a 67.056,21 euro. Pare si tratti di somme legate a tasse automobilistiche. Sembra impossibile, ma dopo tante esitazioni e balbettii, Equitalia piomba come un fulmine sul tesoretto e glielo porta via. Con tanto di bollo del tribunale di Lecco. Nessun rispetto, dunque, per quello che è successo. Lo Stato avrebbe dovuto cospargersi il capo di cenere, invece eccolo azzannare quel gruzzolo sacrosanto. Poi, altro colpo di scena in un procedimento surreale, si scopre che gran parte delle multe contestate, ormai datate, è andata in prescrizione. Una parte, una parte soltanto del malloppo conteso, viene restituita a Grecchi in un andirivieni indecoroso. Errori grandi, errori piccoli. Nel penale e nel civile. Conditi spesso con la pena supplementare del disprezzo. La signora ottantunenne è caduta nella buca? Affari suoi, altro che risarcimento da parte del Comune di Milano.

«È noto - scrive una toga di rito ambrosiano - che con il progredire dell'età il sistema motorio e quello sensoriale (oltre che quello cognitivo) perdono parte della propria efficienza». E avanti con diagnosi serrate e impietose. Nessun indennizzo, ci mancherebbe. Ma una conclusione folgorante: se la donna è scivolata è solo colpa sua.

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