I timori sullo stato dell'economia italiana nel 2019 si rafforzano man mano che l'Istat conferma le peggiori aspettative sull'ultima coda del 2018. Ieri è stata la volta della produzione industriale tornata ai livelli del 2014. A novembre è scesa dell'1,6 per cento rispetto ad ottobre e del 2,6 per cento rispetto a novembre 2017.
Nessuno si faceva illusioni. «Temevo un dato negativo. Già i dati per alcuni partner europei erano stati anticipati ed era difficile che per l'Italia non vi fosse dato di segno negativo», ha commentato il premier Giuseppe Conte.
È vero che pochi giorni fa sono arrivati dati molto negativi sulla produzione industriale tedesca, tanto che l'autorevole centro di ricerca Ifo ha ridimensionato drasticamente le prospettive per il Pil tedesco. Ma è anche vero che gli analisti si aspettavano cifre molto diverse. Una flessione si, ma al massimo dello 0,7%.
Per quanto riguarda i settori, il dato peggiore è quello dell'auto, la cui produzione sempre a novembre è diminuita del 19,4% rispetto allo stesso periodo del 2017. È il calo maggiore da ottobre 2012. Rispetto a ottobre 2018 il dato è in calo dell'8,6%. Nella media degli 11 mesi 2018, la produzione è diminuita del 5,1%.
«Tira aria di stagnazione», secondo Confesercenti. Confcommercio segnala «le preoccupazioni per una sfavorevole chiusura del 2018 con conseguenze negative sull'eredità per il 2019».
Il problema maggiore a questo punto è quello. Diventa sempre più concreta la possibilità che alla fine del mese l'Istat ufficializzi la recessione tecnica nel caso, sempre più concreto che la crescita del quarto trimestre 2018 sia nulla o con il segno negativo. Una prospettiva poco piacevole per il governo, che rischia di dovere gestire una crisi economica che avrà ripercussioni anche sui conti pubblici, rendendo impossibile attuare la politica economica espansiva, che è nel Dna dei due partiti di maggioranza.
Ieri il vicepremier e leader M5S Luigi Di Maio si è detto sicuro che «un nuovo boom economico possa nascere». Come negli anni Sessanta, con le «autostrade digitali» al posto della grande rete viaria costruita negli anni d'oro dell'economia italiana. Il premier Conte è convinto che la risposta sia la legge di Bilanci appena approvata. «È importante aver anticipato prima e compreso che sarebbe stata questa la ragionevole evoluzione del trend economico e, per questo, ancora più importante è intervenire con la nostra manovra, nel segno della crescita e dello sviluppo sociale».
Anche il vicepremier Salvini difende i provvedimenti del governo ed esclude che una delle cause possa essere la stretta sui contratti a termine varata dal governo, fortemente criticata dalle associazioni imprenditoriali. La produzione, ha commentato il leader della Lega, è «in calo in tutta Europa, non penso che il decreto dignità incida in Germania, in Gran Bretagna, a Parigi o in Olanda. È un problema per l'economia a livello mondiale che passa anche dagli Usa e noi a differenza di altri mettiamo più soldi nelle tasche dei cittadini e delle imprese per combattere questo blocco a livello mondiale».
Il governo si augura che il Pil risenta in positivo del reddito di cittadinanza in termini di ripresa dei consumi interni. Difficile che gli investimenti pubblici possano avere un effetto determinate, visto che nell'ultima versione della Legge di Bilancio sono stati ridimensionati.
Le scelte del governo, secondo Forza Italia, aggraveranno la crisi.
Con la manovra, il segno meno è «destinato ad appesantirsi ulteriormente», ha commentato il senatore azzurro Renato Schifani. Renato Brunetta ricorda che se a fine mese l'Istat dovesse confermare la recessione tecnica, sarà «la terza in soli dieci anni».
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