Gli infettivologi: "Meglio dare precedenza ai giovani"

Il piano vaccinale non convince gli esperti. Garattini: "Togliere i brevetti per produrre più dosi"

Gli infettivologi: "Meglio dare precedenza ai giovani"

Il piano di vaccinazione va rivisto. Non solo perchè le somministrazioni agli anziani slittano di due mesi ma anche perchè forse sarebbe più opportuno utilizzare il vaccino di Astrazeneca solo sui giovani, ammesso che arrivi realmente alla metà di febbraio. Ne sono sempre più convinti gli infettivologi, che invitano a considerare le percentuali di efficacia delle nuove dosi britanniche: 60-70% contro il 95% di Moderna a Pfizer.

«Con questi dati sull'efficacia io sono contraria a introdurre Astrazeneca - sostiene Antonella Viola, immunologa all'università di Padova - Per questo io darei il vaccino britannico solo agli under 30. Sarà pur vero che i protocolli delle sperimentazioni chiedevano un'efficacia superiore al 50% e non di più, ma abbiamo due vaccini efficaci al 95%, quindi preferirei aspettare prima di usarne uno efficace al 60-70%». L'immunologa sostiene che «aprire a vaccini con un'efficacia troppo bassa non ci permetterà mai di proteggere realmente la popolazione e raggiungere l'immunità di gregge». Discorso valido anche per il vaccino russo Sputnik. «Tutto dipende da quello che dirà Ema - sostiene Viola - ma i dati della terza fase della sperimentazione russa non sono mai stati pubblicati e quelli della seconda fase erano pessimi». Anticipare le vaccinazioni ai giovani ha senso anche secondo il farmacologo Silvio Garattini, fondatore dell'istituto Mario Negri. «Sembra che Astrazeneca possa essere utilizzato su chi ha minor rischio, quindi i giovani - spiega - La casa farmaceutica ci darà 40 milioni di dosi. Visti i ritardi sul piano vaccinale, anticipiamo i giovani».

Ma il problema più urgente, secondo Garattini, è l'impianto del meccanismo vaccini. «È assolutamente necessario levare il brevetto e produrre liberamente i vaccini - chiede - Noi scienziati lo abbiamo detto più volte, da mesi, ma non siamo mai stati ascoltati. Eppure è l'unico modo per poter produrre in più stabilimenti e non avere problemi di dosi e forniture. Se ci sono ragioni importanti di salute pubblica, gli Stati possono chiedere o pretendere la licenza del farmaco per produrlo in grosse quantità». «Bisognerebbe mettere in campo - chiede Garattini - un gruppo di esperti che guardino, avendone la competenza, agli oltre 60 candidati vaccini nelle fasi più avanzate di sviluppo e sorvegliare quali sono vicini al traguardo, quali saranno pronti per primi, prenotando per tempo un numero adeguato di dosi». Se per i primi vaccini è stato trascurato il problema della de-localizzazione della produzione, gli scienziati spronano a non ripetere lo stesso errore in vista del vaccino italiano targato Spallanzani ReiThera: «Acceleriamo la sperimentazione e prepariamoci per la produzione in più centri». Mentre l'Italia ripone parecchie speranze nel progetto italiano, ancora allo studio, la Francia molla il colpo. L'istituto francese Pasteur ha annunciato che abbandonerà il suo principale progetto di vaccino dopo che i test clinici non hanno soddisfatto le aspettative. La decisione è stata presa in coordinamento con il suo partner industriale, la società statunitense Marck & Co. Il progetto stava tentando di sviluppare un vaccino basato su un vaccino contro il morbillo.

I primi studi sull'uomo hanno mostrato che «il potenziale vaccino era ben tollerato, ma le risposte immunitarie indotte erano inferiori a quelle osservate tra le persone che si erano riprese naturalmente e a quelle osservate con i vaccini Covid-19 approvati».

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