«Alla domanda rifaresti questo viaggio? molti richiedenti asilo che vivono nelle nostre strutture hanno risposto no». A dirlo - durante un dibattito a SkyTg24 - l'operatore di una cooperativa che ha raccontato come loro siano impegnati in una campagna di sensibilizzazione sui rischi delle traversate nei paesi d'origine dei migranti, soprattutto in Guinea. Un assist colto al volo da Matteo Salvini, che sui suoi canali social ha condiviso questa testimonianza, definita «illuminante», accompagnandola con una riflessione che da sempre è un suo cavallo di battaglia: «Più informazione nei Paesi d'origine eviterebbe tante morti e tante nuovi schiavi».
La tesi, come detto, è nota, e anche nel mondo cattolico c'è chi esprime posizioni non dissimili. Uno di questi è il vescovo di Ventimiglia, che rispondendo alla lettera di 110 sacerdoti, suore e operatori della Chiesa che chiedevano alla Cei più impegno per contrastare l'avanzata della xenofobia, monsignor Antonio Suetta ha scritto: «Fermo restando il diritto per ogni uomo di cercare fortuna fuori dalla propria terra di origine, come anche il dovere di accoglienza per i Paesi più ricchi del mondo, bisogna garantire ai popoli la possibilità di non emigrare, di vivere nella propria terra e di offrire là dove si è nati il proprio contributo al miglioramento sociale». Anche perché «l'esperienza dell'emigrazione è dolorosa per ogni uomo».
Anche in questo caso Salvini ha colto la palla al balzo («sono d'accordo con questo vescovo di frontiera che il dolore e la morte causati dallo schifoso business dell'immigrazione clandestina li conosce da vicino»), proprio mentre il missionario comboniano Alex Zanotelli, celebrando a San Pietro una messa a conclusione di un digiuno a staffetta contro le politiche della Ue e del governo italiano sui migranti, invitava «i funzionari della polizia alla disobbedienza civile per impedire che si possano deportare persone verso Paesi dove rischiano la vita».
Su quali debbano essere i luoghi di sbarco ha detto la sua anche l'Alto commissariato dell'Onu per i Rifugiati, secondo cui «le persone soccorse non hanno un diritto illimitato a scegliere dove andare; le destinazioni devono garantire assoluta sicurezza ma non necessariamente nel luogo di loro preferenza». L'Unhcr ha comunque espresso «soddisfazione per le azioni intraprese negli ultimi giorni da diversi Paesi europei per porre fine alla fase di stallo nel Mediterraneo» (il riferimento è ai 450 migranti sbarcati a Pozzallo e presi in carico dai governi di Francia, Germania, Italia, Malta, Spagna e Portogallo, ndr). «Si tratta di accordi nave-per-nave che non sostenibili nel lungo periodo e non affrontano le cause che stanno alla radice dei flussi - ha detto l'Alto commissario Filippo Grandi - ma sono anche un esempio positivo di come, lavorando insieme, si possano sostenere i soccorsi in mare e gestire le frontiere rispettando allo stesso tempo gli obblighi internazionali del diritto d'asilo».
Intanto, anche se negli ultimi giorni c'è stata una relativa tregua sul fronte degli sbarchi, piccoli contingenti di profughi continuano ad arrivare sulle nostre coste.
Venerdì sera un' imbarcazione con 15 persone a bordo (6 uomini e 9 donne) è approdata a Lampedusa: era stata avvistata a qualche miglio dall'isola siciliana da una motovedetta della Guardia costiera, che l'ha poi scortata in porto.
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