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Ingiusta detenzione, l'Italia paga per i pm. "Ora serve una vera responsabilità civile"

L'Italia spende 38 miliardi ma non si rivale sulle toghe nonostante la legge

Ingiusta detenzione, l'Italia paga per i pm. "Ora serve una vera responsabilità civile"

Se la libertà avesse un prezzo attaccato sopra sarebbe di 235,82 euro. Tanto vale un giorno passato ingiustamente in carcere. Nel 2020, mentre in lockdown ci siamo tutti sentiti «detenuti», lo Stato ha speso una carrettata di milioni di euro per risarcire chi da innocente è finito in cella ingiustamente. Quasi 38 milioni di euro, una media di 50mila euro per chi è stato privato per errore della libertà. Dei 38 milioni, quasi 27 hanno riguardato le sole Corti d'appello di Bari, Catanzaro, Palermo, Roma e Reggio Calabria. Che da sola «pesa» quanto Roma, Milano e Napoli insieme, mentre Catanzaro si ferma a 4,9 milioni. Cifre che danno l'entità del problema, al netto di alcune inchieste di 'ndrangheta con strascico di manette, pompate dai giornali ma dimostratesi evidentemente senza troppo fondamento.

Ma mentre si discute di riforma della giustizia il dossier pubblicato online dal Sole24Ore riaccende i riflettori sul vero punto dolente legato all'ingiusta detenzione: la responsabilità civile dei magistrati. Chi paga? Il magistrato? No, lo Stato. La legge 18 del 2015 voluta da Matteo Renzi che ridefinisce la fattispecie di colpa grave «è rimasta praticamente inapplicata, pur essendo un pannicello caldo», spiega al Giornale Claudio Defilippi, legale esperto in revisioni processuali e ingiusta detenzione, come dimostrano i 4,5 milioni di euro per 23 anni da innocente in carcere che lo Stato ha riconosciuto al suo assistito Domenico Morrone. Tutti soldi nostri, non di chi l'ha fatto condannare. «Penso sia impossibile, e non solo al momento attuale, sperare in una legge diversa da quella vigente, che sembra costituire una sorta di presidio normativo non riformabile in peius», dice infatti un altro avvocato, Ivano Iai. E poi dal punto di vista disciplinare (e lo si è visto con il caos al Csm) «le toghe rischiano poco o nulla - insiste Defilippi - Bisogna anche potenziare l'ufficio giudiziario che verifica la progressione in carriera dei magistrati e istituire una commissione di controllo sugli errori giudiziari». Già, perché a combattere per la verità non dovrebbero essere solo gli avvocati ma soprattutto lo Stato. La cifra massima del risarcimento per legge peraltro non può mai eccedere l'importo complessivo di 516.456,90 euro (il vecchio miliardo di lire) da dividere per la durata massima della custodia cautelare in carcere, che è di sei anni. «Ma c'è gente che è rimasta dentro per 7 o otto anni», ribatte Defilippi, e poi in caso di indennizzo diretto, il responsabile cioè il magistrato «deve essere litisconsorte necessario, cioè deve entrare nel meccanismo risarcitorio». Cosa che oggi non è obbligatoria.

Come uscirne? Con una vera riforma della giustizia.

«Il mio auspicio è che venga introdotto almeno il principio della lealtà processuale - conclude Iai - ossia quel canone superiore idoneo a scongiurare nel magistrato iniziative manifestamente pretestuose od oggettivamente ostili all'imputato ancorché formalmente legittime».

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