Prima le udienze in Tribunale, poi in ufficio a smaltire fascicoli. Come sempre. Ma quella di ieri per la gip Alessandra Vella non poteva essere una giornata come le altre. Perché dal quasi anonimato di un lavoro in una Procura defilata come quella di Agrigento, per tutta Italia adesso è il giudice che ha deciso di non convalidare l'arresto di Carola Rackete perché, a suo dire, la capitana della Sea Watch ha agito in adempimento di un dovere.
Una decisione che a molti non è piaciuta. Sicuramente non al ministro Matteo Salvini che l'ha accusata di aver emesso una sentenza politica. E neppure ai tanti sostenitori della linea dura sull'immigrazione, che l'hanno presa di mira sui social costringendola a cancellarsi da Facebook per gli insulti ricevuti. Offese, ma anche minacce, che hanno convinto i togati del Csm a chiedere l'apertura di una pratica a sua tutela, anche perché le dichiarazioni del ministro dell'Interno «non si limitano ad una critica, sempre legittima, del merito del provvedimento, ma costituiscono commenti sprezzanti che trascendono in insulti che alimentano un clima di delegittimazione ed odio».
Se prima della ribalta legata alla decisione sulla capitana in rete c'erano rare informazioni su Alessandra Vella, adesso il nome della gip è tra i più cliccati su Google. Originaria di Cianciana, un piccolo paese della provincia di Agrigento dove è nata nel 1975, è a Roma che la Vella si è laureata in giurisprudenza. Lavora nel Tribunale della sua città dal 2011, prima è stata gip a Caltanissetta e fino a due anni fa è stata presidente dell'Associazione nazionale magistrati di Agrigento. Finora non si era mai occupata di casi da prima pagina, tutt'al più reati contro la pubblica amministrazione, il caso di una bimba schiacciata da una Tv, quello di un giovane che lo scorso aprile sparò alla madre ferendola o il sequestro di un parcheggio abusivo nell'agrigentino. Martedì la decisione che l'ha trasformata in un giudice d'assalto esponendola alle invettive dei fan di Salvini, il primo a darci dentro con gli attacchi. Per la Vella la Rackete doveva essere scarcerata perché la sua decisione di attraccare a Lampedusa è stata dettata da uno stato d'emergenza, né poteva essere sostenuto il reato di resistenza a pubblico ufficiale perché la comandante della Sea Wacht avrebbe agito per salvare vite umane.
Un'impostazione che, insieme all'impossibilità di contestare il reato di resistenza a nave da guerra perché secondo la gip la motovedetta della Finanza non sarebbe da considerasi tale, ha fatto andare su tutte le furie i militari che erano su quella barca: «Noi abbiamo rischiato la vita e chi viola la legge passa per eroina».
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