Prima il petrolio, poi il terrore: il piano arabo contro l'Europa

Tra economia e attentati così gli integralisti hanno colpito la Francia per aggravare la fragilità dell'Occidente

Prima il petrolio, poi il terrore: il piano arabo contro l'Europa

L'ondata di terrorismo islamico che ha colpito la Francia, il paese Ue più vicino alla cosiddetta primavera araba (è stata la forza militare francese che ha abbattuto Geddafi, avversario degli integralisti), ma anche lo stato-cerniera fra il Nord e il Sud dell'Eurozona, si collega strettamente alla situazione di debolezza economica e sfiducia dell'Europa. La Francia è fra i paesi che soffrono di più della crisi; fa fatica a rientrare nei parametri di riduzione del deficit chiesti dalla Germania, perché ciò aggrava la sua disoccupazione e riduce la sua già modesta crescita. Ma Draghi ora sta per lanciare il quantitative easing , l'acquisto da parte della Bce di titoli del debito pubblico dei paesi membri, per consentire loro di dare più credito all'economia. Ciò potrebbe ridar fiato e ottimismo all'Eurozona. Tutti ricordano che l'attentato alle Torri gemelle di New York dei terroristi arabi generò un'ondata di depressione negli Stati Uniti che si propagò su scala mondiale. Colpire la Francia ora, con il terrorismo, può servire agli integralisti arabi per aggravare la situazione di fragilità economico politica dell'Europa occidentale. Colpirne uno per educarne cento.

Accanto a questa guerra dell'estremismo arabo-islamico contro l'Europa c'è un'altra guerra, quella del petrolio, che riguarda gli Usa e la Ue da un lato e il Medio Oriente e la Russia dall'altro. Gli Usa hanno inondato l'Europa di petrolio, che ricavano in abbondanza da nuovi pozzi e che supera il fabbisogno domestico, ora che a questo provvede il nuovo gas ricavato dalle rocce sabbiose. Il prezzo del barile è sceso sotto 50 dollari: una soglia che può far piacere al consumatore europeo. Ma che genera grossi problemi ai petrolieri americani, che hanno investito enormi risorse finanziare, in parte a prestito, nei nuovi giacimenti di petrolio e gas, quando il prezzo era sui 100 dollari e oltre. La convenienza di molte di questa iniziative cessa attorno a 55 dollari. Al di sotto, ci sono problemi di equilibrio finanziario per chi ha fatti gli investimenti e si è indebitato e per gli intermediari finanziari che hanno in carico questi crediti, magari «cartolarizzati» in certificati «derivati» che circolano nel sistema bancario.

Il basso prezzo del petrolio attuale non deriva solo dall'abbondanza della nuova offerta che dagli USA ha inondato l'Europa. Dipende anche dalla debolezza della domanda europea e dalla scelta dei paesi arabi di non ridurre la propria produzione petrolifera, per sostenere il prezzo, come fece in passato la loro organizzazione. Al contrario, gli arabi la mantengono elevata proprio per far scendere le quotazioni. Per loro la convenienza a produrre c'era anche a 30 dollari: il prezzo del gennaio 2004 (che però, in potere di acquisto, corrisponde a 40 dollari del 2014). Le spese per la ricerca e attivazione dei loro pozzi e per la logistica di trasporto sono in gran parte già ammortizzate. Nel caso dei pozzi sotto il controllo degli estremisti islamici, i proventi servono per la guerra. Se ci sono incidenti causati dai conflitti, come in Libia, subito questi guerriglieri corrono ai ripari per fra riprendere l'offerta. Chi tira le fila del terrorismo gioisce al pensiero che ciò si ritorce contro gli Stati Uniti, che per primi hanno fatto calare il prezzo. Gli anti-americani pensano che l'attuale grande export Usa di petrolio non dipenda da scelte commerciali dei produttori, ma da una strategia del capitalismo americano per mettere in ginocchio il mondo arabo. E reagiscono con una offerta ribassista mentre all'Europa riservano il terrorismo.

Così gli integralisti arabi estendono lo scontro di civiltà e mirano al loro nemico numero uno, gli USA, ove c'è l'iper-capitalismo. Fanno anche male a sé stessi, ma questo per loro - che hanno anche il fanatismo dei kamikaze - conta poco.

Noi, invece di stare a guardare passivamente, dovremmo cercare di far buon uso del basso costo del petrolio per rilanciare la nostra economia produttiva, con questo atout e con il quantitative easing . Ma anche fra di noi c'è l'autolesionismo.

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