Inventa il foulard parlante che dialoga con il cellulare

Tre compagnie internazionali (telefoni, aerei, crociere) in gara per le mappe di seta del grafico costretto dalla crisi a installare montacarichi: «Cambio la vita ai turisti»

Di norma lo mettono ai lupi e agli orsi. Questo si può ben definire un radiocollare per bipedi. Morbido. Avvolgente. Artistico. Di cotone o di seta. Senza batterie, microchip, antennine o altre diavolerie elettroniche. Loris Boschieri, 42 anni, designer vicentino, ha avuto un'idea geniale: ha inventato il primo foulard parlante. Ti avvolgi attorno al gargarozzo questo pezzo di stoffa di 90 centimetri per 90, e quando in giro per il mondo non sai dove andare, o vuoi vedere qualcosa di bello, o semplicemente ti sei perso per strada, te lo togli, individui una meta nella mappa della città disegnata da Boschieri sul foulard e trovi tutte le descrizioni corrispondenti su un'applicazione del tuo smartphone o del tuo tablet.

L'accessorio è studiato per comitive di turisti, scolaresche, nuclei familiari. Si chiama Foularoad, logo sormontato dal simbolo del Wi-Fi, e dallo slogan «My street, my crew», la mia strada, il mio gruppo. Al suo artefice, che di regola parla in veneto, va perdonato il solito attacco di inglesite, la malattia più diffusa del nostro tempo. Infatti la sua trovata è stata subito comprata da un importante operatore straniero di telefonia mobile («non posso anticiparle il nome: faranno loro un comunicato stampa prossimamente») e ha suscitato il vivo interesse di una compagnia aerea internazionale della quale s'è fatto un gran parlare negli ultimi tempi e di un armatore che organizza crociere per ricconi e ha uffici in una cinquantina di Paesi. Tradotto in soldoni: Boschieri si accinge a piazzare 3 milioni di pezzi del suo foulard. Altri 2 milioni sono in ballo per i visitatori dell'Expo 2015, in modo che non si perdano mentre visiteranno Milano.

Per il momento l'autore del brevetto campa ancora installando montacarichi in ospedali, aziende e uffici pubblici. In altre parole, trattasi di dopolavorista. «Sono l'esatto contrario di Clark Kent, che va in ufficio di giorno e si trasforma in Superman di notte. Io indosso la tuta da operaio fino al pomeriggio tardi e mi dedico al disegno dalle 21 in avanti. Finisco quando gli occhi ce la fanno più». Il che può significare smettere alle 2 ma talvolta anche alle 4 di mattina, sottraendo ore al sonno e alla famiglia, formata dalla compagna Elena, disegnatrice di gioielli e argenteria in un'industria orafa, e al piccolo Tommaso, 5 anni. Ma v'è da prevedere che presto potrà tornare a dedicarsi a tempo pieno alla grafica pubblicitaria, per la quale s'era diplomato all'istituto professionale Bartolomeo Montagna di Vicenza. Fino a una decina d'anni fa, Loris Bosk - è così che si firma - aveva un'azienda di graphic design che dava lavoro a sei persone. «I clienti hanno cominciato a non saldare le fatture. Erano le prime avvisaglie della grande crisi economica, che nel mondo dei mass media ha colpito duro. Ho dovuto chiudere».

Ma il bernoccolo, l'estro creativo, quello è rimasto intatto, favorito forse dal fatto di abitare a Nanto, su quella sognante Riviera berica che riesce a tenere insieme La Rotonda del Palladio, capace di stordire Goethe per la sua magnificenza architettonica, con la Sagra dei ossi de màs-cio, ricetta osteologica del maiale lessato. Solo che fino a ieri Boschieri s'era accontentato di mandare le sue illustrazioni ai concorsi Caro precario e Umoristi a Marostica o a metterle a disposizione degli internauti sul suo blog Fabbrica grafica (molto poetico il disegno in memoria dell'attore Robin Williams: il naso rosso da pagliaccio di Patch Adams appoggiato sul banco di scuola che vide ritto in piedi il professore dell' Attimo fuggente, illuminati da una lampadina che a fatica attenua l'oscurità totale della morte).

Che il ragazzo avesse talento da vendere, ai suoi concittadini fu chiaro quando nel 1992, a soli 21 anni, vinse il concorso per il manifesto ufficiale dell'adunata nazionale degli alpini a Vicenza. A Nanto dicono che il nostro abbia preso dal padre, il defunto cavaliere del lavoro Augusto Boschieri, il quale, all'epoca in cui ebbe l'investitura dal presidente Giovanni Leone, era il più giovane italiano a potersi fregiare dell'onorificenza statale. Tipo eclettico, il cavalier Boschieri, ceramista di professione, rallista, pittore e scrittore per hobby. Fra l'altro, ha lasciato ai figli un saggio inedito sul suo conterraneo Nicolò Pizzolo, nato a Castegnero, due passi da Nanto. «Il maestro quattrocentesco lavorò con Filippo Lippi e Donatello e citò in giudizio Andrea Mantegna per concorrenza sleale nelle decorazioni della Cappella Ovetari di Padova. La conclusione di mio padre è che il povero Pizzolo sia stato ucciso con una stilettata dall'arrivista Mantegna, suo ragazzo di bottega».

Quand'è nata l'idea del Foularoad?

«Una ventina d'anni fa. Creavo volti di attori e di cantanti rock, loghi, personaggi immaginari e disegni astratti da serigrafare sulle magliette. E intanto pensavo a una cartina topografica che fosse facile da aprire e che non si rovinasse con la pioggia, quindi stampata su tessuto. Non ci ha creduto nessuno, né l'Istituto geografico De Agostini di Novara né Salani, l'editore della saga di Harry Potter, che mi ricevette due volte a Milano. Tanti complimenti per l'idea, ma sempre la stessa conclusione: “Non interessa”».

Adesso interessa.

«Merito di un collega designer, conosciuto per caso in un atelier che mi aveva proposto di creare dei fumetti sulle borse. Dopo 16 mesi che ci conoscevamo, gli ho mandato un Sms spiegando che avevo nel cassetto questo progetto. Ha voluto vederlo subito. Il commento è stato: “Ma stai scherzando? Non potevi parlarmene prima?”. Da lì è nato tutto».

Come funziona il Foularoad?

«Disegno a inchiostro di china la mappa di una città, con i vari punti d'interesse. Poi la digitalizzo e ci metto i colori. Viene stampata sul tessuto. In basso c'è un codice QR: basta inquadrarlo con la fotocamera del cellulare e automaticamente si apre sul display un sito, nel quale il turista si registra, scaricando la relativa applicazione per Iphone, Ipad o Android. A quel punto egli può creare un gruppo di persone collegate fra loro, ognuna delle quali controlla la posizione degli altri sulla piantina della città».

In pratica lei vende una app.

«Un momento. Tutti parlano di social network. Social di qua e social di là. Facciamo l'esempio di Bill Gates: su Twitter conta - aspetti che verifico - 17.806.453 seguaci, o follower che dir si voglia. Papa Francesco ne ha 4.563.652. Circa un quarto. Significa che il vicario di Cristo sulla terra è meno importante del padrone della Microsoft? Io non credo. Anche un Gino qualsiasi, postando video imbecilli, può arrivare a superare i fan del pontefice. Da lì ho capito che non sono i grandi numeri a fare il social, ma i piccoli. Lei con chi viaggia, di solito? Con sua moglie. Al massimo con i suoi figli. O con una coppia di amici. Se è un tipo socievole, con una piccola comitiva».

Quindi diventa importante collegare fra loro i componenti di questo gruppetto.

«Esatto. Pensi solo a un professore che accompagna i suoi alunni in gita scolastica. Sceglie un percorso già esistente sul portale, con tutte le indicazioni storiche e artistiche relative ai monumenti, oppure ne forma uno ad hoc. A quel punto ogni partecipante vede il programma della visita sul proprio apparato mobile. Dopodiché mettiamo che l'insegnante decida di dare ai ragazzi due ore di libertà. Essendo geolocalizzati con il Gps, può vedere in tempo reale dove vanno, inviargli messaggi, fissare orari e punti di ritrovo per tutti o modificarli in tempo reale se subentrano inconvenienti, ricevere richieste di soccorso, tipo “mi sono smarrito”, “ho perso il portafoglio”, “mi sento male”. C'è anche una funzione d'emergenza che, in caso di aggressioni, alla semplice pressione di un pulsante mobilita con un Sos tutti i posti di polizia più vicini al luogo in cui si trova la persona in pericolo».

Non capisco a che serva il foulard.

«Il foulard è la via d'accesso per scaricare l'applicazione e la rappresentazione più immediata delle 20 tappe poco note di una singola città, con l'itinerario per raggiungerle. Esemplifico. A Roma ho disegnato il Tempietto del Bramante. Lei lo conosce?».

Sì e no.

«Lo conoscono in pochi. Sorge sul colle del Gianicolo, nel luogo in cui l'apostolo Pietro fu crocifisso a testa in giù. Ho disegnato anche il Mausoleo di Augusto, che è stato saccheggiato per secoli ed è snobbato da tutti, nonostante sia la tomba del primo imperatore romano, il nipote di Giulio Cesare. A Milano ho messo la chiesa poco nota, pure del Bramante, dedicata a San Satiro, fratello gemello di Sant'Ambrogio. A Venezia ho disegnato Giacomo Casanova in fuga dai piombi e la basilica dei Santi Giovanni e Paolo, con la monumentale facciata dell'omonimo ospedale al quale è unita: ben pochi turisti si accorgono che i due leoni in bassorilievo, ai lati dell'ingresso, sono scolpiti in prospettiva. Persino io mi sono accorto di questa straordinaria profondità quando mi hanno chiamato a installare un montacarichi nel nosocomio».

Chi produrrà il foulard?

«Abbiamo in ballo due ditte, una di Como e una di Napoli».

E quanto costerà?

«Sotto i 10 euro, applicazione per cellulare inclusa. Un po' di più quello in seta».

Quante città ha già disegnato?

«Tre: Roma, Milano e Venezia. Le prossime saranno Torino, Firenze, Napoli, Londra, Parigi, Berlino, New York, Honk Kong e Singapore».

Dov'è andato a prendere il capitale per quest'impresa?

«Devo ringraziare Andrea Battistoni, titolare della Broker & broker di Roma, e altri due laziali, Marco Manciocchi e Gianluca Lucidi, proprietari della Global service, che hanno creduto in me. Come pure Sebastiano Caputo della 012 Factory di Caserta, la software house che ha sviluppato l'applicazione».

Non poteva chiedere un finanziamento alla sua banca?

(Risata). «La consideri la mia risposta».

No, eh.

«Secondo lei, che cosa poteva dirmi il direttore dell'agenzia del Credito valtellinese di Noventa Vicentina se mi fossi presentato con uno straccio nel suo ufficio? “Le faremo sapere”, al massimo».

Crea posti di lavoro questo foulard?

«Dà lavoro all'industria tessile».

Si sta dedicando ad altri progetti?

«Sì. Ho in mente un Tripadvisor a prova di truffa, con il quale saranno impossibili recensioni interessate o malevoli sui ristoranti. Quando ne parlo in giro, tutti mi dicono: “Figùrati! È impossibile”. Non appena spiego il meccanismo che ho escogitato, le facce si riempiono di stupore e gli scettici ammutoliscono».

Che cosa si aspetta dal governo?

«Niente. Mi sono sempre arrangiato da solo, senza bisogno dello Stato».

L'aliquota fiscale giusta per far ripartire l'Italia quale dovrebbe essere, secondo lei?

«Penso che l'unica soluzione sia introdurre una flat tax, la tassa piatta, uguale per tutti, persone fisiche e giuridiche: 25 per cento. Nei Paesi dell'Est è stato fatto e quelle economie vanno a razzo. Ovvio: se pago meno imposte, spendo di più, quindi i consumi ripartono, la produzione pure, e di conseguenza aumenta l'occupazione. La Polonia aveva tre aliquote. Dieci anni fa ne introdusse una sola, al 19 per cento, e da allora la sua economia è aumentata del 46 per cento: oggi è la settima d'Europa per importanza, oltreché la più forte per livello di crescita».

Favorevole o contrario all'indipendenza del Veneto?

«Mi accontenterei che ci dessero lo statuto speciale. Perché Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Val d'Aosta, Sicilia e Sardegna sì e Veneto no? Però non capisco quelli che parlano male dei terroni e poi mangiano la pizza. Se sei coerente, non scegli la mozzarella che viene da Mondragone: ti prendi quella di Lattebusche fatta nel Vicentino».

Non crede che fossero più emozionanti i tempi in cui i turisti arrivavano in un posto sconosciuto, senza foulard, mappe e guide, dopo un lungo viaggio?

«Sì. Io gli farei fare di quei voli dalla finestra al telefonino! Mio padre partiva per lavoro all'alba, tornava alla sera ed era irrintracciabile, con buona pace di sua moglie, dei figli e del mondo intero. Adesso devi essere reperibile sempre».

Qual è la sua meta preferita?

«Il mondo è tutto bello. Ma non c'è nulla al mondo che sia più bello di Venezia. Un museo all'aperto, un patrimonio dell'umanità. L'ho stampato anche sul foulard: “City museum”. Non lo dice Boschieri: lo attesta l'Unesco. Però sogno di visitare la Nuova Zelanda».

Perché?

«C'è mare, c'è montagna, ci sono laghi. Mi ricorda il Veneto».

(723. Continua)

stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica