Roma - «No, non faccio interviste, non insista eh? Nessuna dichiarazione, ho già detto tutto quello che dovevo su questa brutta faccenda».
È affannato e irritato, quando risponde al telefono l'ex procuratore generale della Corte dei conti Raffaele De Dominicis, assessore durato 24 ore nella giunta Raggi e «licenziato» dalla sindaca con un comunicato stampa, perché non ha i «requisiti» richiesti dal Movimento 5 Stelle.
È solo per raccontare correttamente come sono andate le cose: davvero lei sapeva di essere indagato e l'ha taciuto a Virginia Raggi?
«Ma che dice, è falso. Diffido chiunque a scriverlo. Io non sapevo nulla, anche adesso non ho avuto alcuna comunicazione ufficiale. Due anni fa c'è stata una denuncia che mi coinvolgeva, ma poi tutto è stato archiviato dal procuratore, contro ignoti. Non risultava niente su di me. E neppure avevo alcun sospetto».
Invece qualcosa di nuovo è venuto fuori, si parla di un'accusa per abuso d'ufficio per la quale sarebbe sotto indagine dalla Procura di Roma...
«Ma guarda che strano, proprio in questi giorni, quando si parla di me per la nomina nella giunta di Roma, un gip si ricorda dei suoi sospetti su una vicenda vecchia e chiede un supplemento d'istruttoria. Qualcuno che mi vuole male, evidentemente, e che ha fatto arrivare subito la notizia alla sindaca. C'è stata una fuga di notizie, una violazione del segreto istruttorio. E io non permetto a nessun di scrivere che sapevo e ho taciuto, chi l'ha fatto ne pagherà le conseguenze. Ma ora il pm mi dovrà chiamare e quando sarò chiamato chiederò spiegazioni».
Insomma, lei sospetta che qualcuno abbia voluto sbarrarle la strada, per impedirle di diventare superassessore in Campidoglio...
«Ma quale superassessore, era super prima forse, mica ora».
Prima, cioè quando c' era Marcello Minenna, che lei avrebbe dovuto sostituire dopo le sue clamorose dimissioni insieme agli altri 4 «tecnici» della Raggi?
«Certo, quando l'assessore al Bilancio era lui aveva la delega alle società partecipate del Comune e aveva dunque grande potere, ma ora non è più così. La Raggi l'ha scorporato l'assessorato, diviso in due e così l'ha svuotato. Forse qualcuno aveva paura che uno come me andasse lì e facesse le pulci a tutti. Bisognerà vedere chi la prende, quella delega così importante».
Lei lo sapeva, che non era più come prima, quando la sindaca le ha offerto quest'incarico?
«Ma sì, me l'ha detto subito che l'assessorato era dimezzato. Volevano mettermi lì accanto alla Raggi perché comunque potevo essere molto utile per lei, consigliarla, visto che ne ha così bisogno. Ma ora non tornerei mai indietro, per carità, tra quella gente. Mi dispiace solo per Roma, perché avrei lavorato con il massimo impegno, mettendo a disposizione tutta la mia esperienza e la mia professionalità. E non certo per quei quattro soldi che mi davano».
Invece adesso la sua immagine ha avuto qualche danno da tutta questa storia, prima il consiglio alla sindaca dell'avvocato Sammarco, poi la nuova indagine...
«Un danno gravissimo, dopo tanti anni di onorata carriera. Perché la gente legge sui giornali, sente alla televisione e capisce poco. Io comunque ne esco infangato, senza potermi difendere».
Ma per che cosa, ce la vuole raccontare com'è nata la denuncia del suo collega?
«Guardi era un mio sostituto, un tal Patti, un giorno era malato è al suo posto in udienza è andato un altro, che ha perso la causa. Quando lui è tornato voleva che io impugnassi la sentenza in appello ma a me sembrava corretta, un atto pubblico, deciso in dibattimento e non era il caso di proseguire oltre».
Ma era una questione importante, che toccava interessi di rilievo?
«Macché, una scemenza, una di quelle stupidaggini che ci troviamo ogni giorno sul tavolo. Se ricordo bene, era un dipendente pubblico e il problema di un corrispettivo da pagare in una tranche sola invece che in due. Insomma, ci aveva rimesso».
Quindi c'era stata un'archiviazione, ma non definitiva.
«Per me era storia chiusa. Io mi sono comportato correttamente, solo che il mio vice non era d'accordo con la mia valutazione. Invece ora un gip la ritira fuori, proprio in un momento così delicato per me e per il governo di Roma».
Per lei c'entrano qualcosa le lotte interne tra i grillini o qualche loro avversario ci ha messo lo zampino?
«Ho tanto l'impressione che siano caduti in una trappola, so' ragazzi, che capiscono poco o niente di politica. Non sanno come muoversi».
Il problema è che le loro regole considerano l'indagato già quasi colpevole. A parte l'assessora Muraro...
«Non mi faccia parlare. Io so che l'opinione pubblica non fa differenza tra indagato, imputato, condannato. Sente queste cose su di me, distingue poco e, in pratica, per tutti sono già condannato.
Ora però devo lasciarla, mi squilla l'altro telefono».Prima che chiuda la conversazione si sente uno scampolo della sua conversazione: «Guarda - dice, con tono accorato - sono inguaiato da questa vicenda, avrai sentito no? C'è grande tensione, risentiamoci...».
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