Ama il buon vino, gli animali, le belle auto (adora la Maserati) e ha un cuore grande così. Claudio Gemme, settantenne dagli occhi magnetici e manager di lungo corso, è il commissario straordinario perfetto per la ricostruzione del ponte di Genova. Competente, pragmatico ma anche figlio di due sfollati e legato a doppio filo a quel ponte che ora dovrà buttare giù e ricostruire.
Da dove comincerà, commissario?
«Dalla lettura delle carte, oggi stesso. Il decreto l'ho letto e riletto ma poi va tradotto in termini semplici».
Però lei avrà ampi poteri decisionali e di deroga delle leggi sugli appalti, cioè carta bianca.
«Sono realista. Ci saranno grandi libertà ma anche tanti condizionamenti. Per ora parto da un foglio bianco da compilare. Con il progetto, le risorse. Poi devo affrontare la parte tecnica, la gestione delle offerte, ordinare l'opera il più presto possibile. E ci sarà la parte più dolorosa, quella della demolizione delle case, che sarà inevitabile».
Quelle dove lei ha vissuto.
«Io sono nato a Pegli e i miei ricordi si fermano a quando ero un ragazzino, avevo gli amici, la scuola, non l'ho mai visto come un nemico. Ma i genitori lì dal '55 e il ponte se lo sono visto crescere in testa».
E gli andava bene così?
«Macché, protestavano, non lo volevano, si sono lamentati tantissimo, ma era il loro quartiere, ci hanno vissuto una vita».
E adesso devono abbandonarlo.
«Mamma e papà hanno 93 anni e ormai vivono da tempo in campagna, dove l'azienda vinicola di famiglia, La Merlina, produce del vino bianco Cortese».
Ma quando è crollato il ponte cos'ha pensato?
«Non ci potevo credere. Neanche davanti alle foto ci credevo. Ero senza respiro, è stato un momento di grande dolore. Mi hanno telefonato da tutto il mondo, il crollo del Morandi ha avuto un'eco incredibile».
Non ha mai avuto la sensazione che fosse pericoloso?
«Ci sono passato il giorno prima del crollo, come altre centinaia di volte. Mia figlia l'ha attraversato la mattina stessa, prima della tragedia, con i suoi due bambini. Ma nessuno ha mai pensato che potesse cedere. Era solo molto brutto».
E come lo immagina il nuovo ponte?
«Un'opera semplice, fatta in acciaio. La nuova struttura dovrà essere solida ed eterna. Dovrà avere una configurazione snella ma forte. E dovrà integrarsi in modo armonico con il territorio».
Dei progetti proposti quale la convince di più?
«Non sono in grado di valutare ancora. E uno dei temi che devo affrontare al più presto».
Il plastico di Renzo Piano le piace?
«Ottimo disegno ma devo capire se può evolvere in una costruzione ingegneristica tecnicamente sopportabile. Per il momento l'ho vista solo in televisione».
Genova quando riavrà il nuovo ponte?
«Otto mesi, come si dice in giro, sono pochi, la prima parte dell'organizzazione dei lavori sarà delicatissima, richiederà tempi adeguati. Non ci possiamo permettere errori. Se devo fare una previsione dico diciotto mesi. Un anno e mezzo è un tempo realistico».
Ha già in mente una squadra di collaboratori e un braccio destro?
«Ho un quadernetto con dei nomi. Ma anticiparli ora mi sembra assurdo».
Qualcuno ha sollevato la sua incompatibilità visto che lei è un dirigente di Fincantieri, la stessa azienda cui Di Maio vorrebbe far ricostruire il ponte.
«La questione è già risolta. Ho già posato sulla scrivania le mie dimissioni che scatteranno appena sarà attiva la nuova nomina».
Da chi è stato contattato prima della nomina?
«Ho parlato prima con Di Maio, poi con Salvini e tutti gli altri ministri a partire da Toninelli. Ho fatto lunghissimi colloqui interessanti e costruttivi con tutti loro».
Ma ha anche parlato con il premier Conte.
«Sì certo, lui mi ha sollecitato. Il mondo intero ci guarda mi ha detto - e dobbiamo far presto. Io condivido e sono con lui al 100% per affrontare questa cosa. E prometto a tutti gli italiani impegno, grande dedizione al dossier e una ricostruzione rapida che tuteli però il patrimonio culturale e logistico della città».
C'è chi dice che lei abbia il dente avvelenato con Autostrade per via dei cinghiali che l'anno scorso si è trovato sulla carreggiata e gli hanno fatto ribaltare l'auto.
«Ho visto la morte in faccia e mi sono sentito un miracolato. Ero però molto arrabbiato: non si può rischiare di morire in modo così stupido. E quel giorno, con le costole rotte, mi sono lasciato sfuggire che avrei chiesto i danni. Ma poi ho lasciato perdere».
Lei a Genova dedica anche parte del suo risicato tempo libero alla beneficenza. Ha salvato un bambino da morte con una raccolta fondi e presiede la Gaslini Onlus.
«Dobbiamo dedicare qualcosa alla società e io penso ai bambini.
A ottobre a Rivarolo ci sarà la partita rosa con la Federazione calcio femminile per raccogliere fondi in favore dei bambini della Valpolcevera che hanno difficoltà a raggiungere l'ospedale. E la madrina sarà Annalisa Minetti».
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