"Io mercenario in Libia arrivato in Italia grazie alla Gregoretti"

Un miliziano racconta l'arruolamento per Haftar, la prigionia e il viaggio sul gommone

"Io mercenario in Libia arrivato in Italia grazie alla Gregoretti"

«D opo aver combattuto con un gruppo ribelle del Chad al fianco del generale Haftar in Libia ho deciso di raggiungere l'Italia su un gommone e sono stato raccolto da nave Gregoretti» racconta candidamente A. I. un giovane miliziano a contratto diventato migrante. La sua storia riflette il caos libico, dove combattono migliaia di mercenari sudanesi, chadiani, russi e dei paesi ex sovietici come l'Ucraina. E adesso i turchi stanno arruolando i ribelli islamisti siriani, che hanno fatto fuori i curdi per schierarli in Libia.

Il Giornale ha incontrato A. I., 29 anni, originario del Chad a fine estate nell'hotspot di Pozzallo, dove era stato accolto dopo lo sbarco da nave Gregoretti un mese prima. L'unità della Guardia costiera che rischia di mandare a processo l'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, per averla bloccata tre giorni in porto.

Il miliziano del Chad parla bene l'italiano perché era già arrivato una prima volta in Italia, sempre con un barcone dalla Libia, nel 2011 in piena rivolta contro il colonnello Gheddafi. «Lavoravo per un'azienda agricola vicino ad Alessandria, dove ho imparato la lingua. In Italia sono rimasto due anni» spiega A. I., che chiede di scrivere solo le iniziali del suo nome per timore di rappresaglie. Poi è tornato in Chad per andare a trovare la madre malata. «Non potevo tornare in Italia e non mi davano lavoro pensando che da voi mi fossi sistemato» racconta il giovane. Alla fine si è arruolato in un gruppo armato in Libia che sogna di prendere il potere in Chad. Il nome non lo vuole rivelare, ma si capisce che dovrebbe trattarsi del Fronte del cambiamento e della concordia, che nel sud del paese ha buoni rapporti con l'esercito libico di Khalifa Haftar. «Ci siamo messi d'accordo con il generale e nel 2017 siamo partiti da Zintan (nell'ovest del paese, ndr) puntando su Tripoli», spiega il miliziano che veniva pagato, poco, per imbracciare le armi. A. I. e altri vengono catturati da Rada, una sorta di polizia speciale della capitale, di stampo salafita, fedele al governo di Fayez el Serraj riconosciuto dall'Onu e appoggiato dall'Italia. «Nel carcere di Mittiga (presso l'aeroporto di Tripoli, ndr) sono stato interrogato e torturato per una settimana - denuncia il miliziano del Chad - Mi hanno piantato un chiodo nel piede e spaccato la testa con il calcio del kalashnikov. Pensavo di morire». A. I., che mostra la cicatrice, dove non crescono i capelli, è riuscito a farsi liberare dopo un anno di galera. «Il nostro gruppo era allo sbando e allora ho deciso di riprovare a raggiungere l'Italia» racconta il sopravvissuto, che ha provato più volte ad imbarcarsi. Il 23 luglio è partito da Zawhia dopo avere pagato 3050 dinari libici, circa 615 euro. «Sul gommone blu (di fabbricazione cinese contrabbandato da Malta, ndr) eravamo in 91 e abbiamo passato due giorni in mare. I trafficanti, prima della partenza, mostravano attraverso le app (come Marine traffic, ndr) le posizioni delle navi delle Ong per raggiungerle e farci portare in Italia». Il gommone non incrocia nessuna nave umanitaria, ma «il terzo giorno non eravamo lontani da Lampedusa quando è arrivata una motovedetta della Guardia di Finanza, che poi ci ha trasbordato su nave Gregoretti». Dopo tre giorni di stop imposto da Salvini i vescovi e cinque paesi europei hanno accettato di dividersi i 131 sbarcati dall'unità della Guardia costiera. A. I. viene mandato a Pozzallo dove lo intervistano dei funzionari francesi, ma non ha ottenuto il trasferimento. In ottobre gli ultimi 35 di nave Gregoretti sono stati spostati in Calabria. Il miliziano migrante ha deciso di raggiungere clandestinamente la Francia, da dove, poche settimane fa, cercava di raggiungere Londra.

La guerra in Libia l'ha lasciata alle spalle, ma sarebbero almeno 18mila i rinforzi di Haftar compresi sudanesi, chadiani, milizie tribali locali e altri gruppi armati.

I soldati a pagamento migliori sono gli ex sovietici della Wagner, la società di sicurezza russa che avrebbe mandato un migliaio di specialisti in Libia fra cecchini, esperti di droni, guerra elettronica, antiaerea e piloti.

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