Questa volta Sergio Mattarella non ha gradito affatto. E dal Colle il messaggio recapitato a Matteo Renzi è stato perentorio: se dopo il 4 dicembre c'è stata un po' di umana comprensione per l'eccesso di disinvoltura con cui l'ex premier pretendeva di andare a votare prima dell'estate, questa volta il Quirinale sarà inflessibile. L'agenda dei prossimi mesi, infatti, secondo il capo dello Stato e i sostenitori del cosiddetto partito della stabilità non lascia margini. Non solo perché il 26 e 27 maggio Taormina ospiterà un G7 per molti versi storico, visto che sarà la prima volta non solo di Paolo Gentiloni ma soprattutto di Donald Trump, del premier inglese Theresa May e del nuovo presidente francese che verrà eletto il 7 maggio. Ma anche perché in autunno il governo sarà alle prese con una legge di Bilancio su cui pesa l'incognita di clausole di salvaguardia per 20 miliardi. Un vero e proprio salasso, per il quale sarà determinante la trattativa in corso tra Palazzo Chigi e la Commissione Ue per ottenere una certa flessibilità sul rapporto deficit/Pil. E' evidente che un governo costantemente impallinato dal fuoco amico di Renzi non avrebbe alcuna credibilità a Bruxelles e difficilmente sarebbe in grado di portare a casa qualcosa.
Ecco perché Mattarella ci ha tenuto a far sapere all'ex premier che la misura è colma. E che non è possibile continuare a cannoneggiare quotidianamente Gentiloni e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. La tentazione populista ed euroscettica di Renzi, insomma, sul Colle non è piaciuta affatto. Per non parlare del rilancio sulle elezioni anticipate, visto che nei giorni scorsi alcuni renziani doc hanno messo in circolo l'intenzione dell'ex premier di puntare al voto il 24 settembre, così da evitare che il Pd faccia carico di una legge di Bilancio che rischia di essere lacrime e sangue e di fatto indigeribile dal punto di vista elettorale. È stato a questo punto che dal Colle è partita la controffensiva, questa volta senza usare i guanti di velluto. Perché è il senso del ragionamento che rimbalza dal Quirinale che dopo il referendum fosse confuso e niente affatto lucido ci può stare, ma oggi il suo comportamento non ha più scusanti. Che un ex presidente del Consiglio nonché leader del principale partito che sostiene il governo si comporti come un politico da talk show che pensa solo a dire la cosa che gli fa raccogliere qualche voto in più, per il Colle è da irresponsabili.
Il messaggio è stato recapitato a diversi interlocutori, primo fra tutti Dario Franceschini che con il Colle ha per così dire un canale privilegiato. Il ministro dei Beni culturali non è certo l'amico più fidato che Renzi abbia nel Pd, ma è comunque il suo principale sostenitore nella sfida congressuale del 30 aprile. Un appuntamento determinante per l'ex premier, che solo dopo le primarie saprà quale sarà davvero il suo peso specifico dentro il partito. Ed è per questo che l'altolà arrivato nei giorni scorsi proprio da Franceschini qualche effetto, almeno per il momento, pare averlo sorbito. Ma è solo una tregua momentanea. Renzi sa bene che la tornata amministrativa dell'11 giugno rischia di essere amara per il Pd, visto che città importanti come Genova vengono date per perse.
Così fosse, la sconfitta non potrebbe che ricadere su di lui e l'unico modo per provare ad invertire la tendenza in vista di una difficile campagna elettorale, sarebbe quello di aprire un'offensiva contro l'Europa e cavalcare l'onda no tasse. Con buona pace del Colle.
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