In Italia sempre più poveri. A rischio un immigrato su due

In difficoltà il 30% della popolazione, peggiora il Nord Il 46% dello stipendio se ne va in imposte e contributi

In Italia sempre più poveri. A rischio un immigrato su due

Povertà in aumento, sempre più famiglie a rischio esclusione, in particolare quelle composte da almeno un immigrato. Poi, costo del lavoro in crescita e redditi al palo. Il report dell'Istat su «Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie» è una fotografia delle sfide che il prossimo governo non potrà che affrontare.

Intanto il numero di italiani a rischio povertà o esclusione sociale. Sono oltre 18 milioni. Dato del 2016 che corrisponde al 30 per cento della popolazione. In un solo anno le famiglie a rischio sono cresciute dell'1,3%, in particolare nelle zone più ricche del Paese. Il Mezzogiorno resta l'area più esposta alla povertà (46,9% delle famiglie), ma nel Nord il fenomeno è in crescita: dal 18,5% del 2015 al 21% del 2016 nel Nord Ovest, dal 15,9% al 17,1% nel Nord Est (il Centro è stabile al 25,1%).

L'Istat non spiega il fenomeno, ma le aree più sviluppate del Paese sono anche quelle dove si registra una maggiore presenza di immigrati. Al contrario della vulgata che vuole i cittadini stranieri al lavoro nelle posizioni non ambite dagli italiani e inevitabile stampella della nostra previdenza, le famiglie con almeno un immigrato sono quelle più esposte all'esclusione sociale e quindi le più bisognose di aiuto. Il 51% dei nuclei con almeno un componente non italiano sono a rischio povertà, contro il 27,5% di quelle italiane, in crescita di un punto e mezzo rispetto all'anno precedente. L'esclusione sociale, oltre a minacciare l'equilibrio di un paese già fragile, mette a rischio i conti di sanità e assistenza.

L'Italia si conferma un paese che non favorisce le famiglie numerose. Quelle con cinque o più componenti sono le più esposte alla povertà (43,7%). Ma se la cavano sempre peggio anche i single, con una quota a rischio che è salita dal 31,6% al 34,9%.

Si aggrava il rischio di povertà o esclusione anche per coloro che vivono prevalentemente di reddito da lavoro autonomo o di reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici (+2,9 punti percentuali per entrambe le tipologie di reddito) mentre diminuisce l'esposizione al rischio di povertà o esclusione sociale tra coloro il cui reddito principale familiare è costituito da lavoro dipendente.

Segnali contrastanti sui redditi. Quello netto medio annuo per famiglia è di 29 mila 988 euro, circa 2.500 al mese, in aumento dell'1,7% in termini di potere d'acquisto. Cresce il reddito dei lavoratori autonomi «in ripresa ciclica dopo anni di flessione pronunciata», spiega l'istituto di statistica. Metà delle famiglie percepisce un reddito netto non superiore ai 24.522 euro all'anno, il reddito del Sud è più basso (20.557 euro all'anno), ma sta aumentando.

L'Istat da conto di un lievissimo calo del cuneo fiscale, cioè della differenza tra quanto il lavoratore intasca e quanto costa al datore di lavoro: dal 46,2% del 2014 al 46,2% del 2015. Ma nel complesso il costo del lavoro dal 2006 al 2015 è cresciuto, in particolare a seguito dell'aumento del carico contributivo e delle imposte soprattutto per la crescita delle addizionali regionali e comunali. Nel 2015 il costo del lavoro risulta pari in media a 32 mila euro e la retribuzione netta che resta a disposizione del lavoratore rappresenta poco più della metà del totale del costo del lavoro (54%, pari a 17.270 euro). La parte rimanente (46%, ossia 14.729 euro) costituisce il cuneo fiscale e contributivo.

Il carico fiscale sui redditi dei lavoratori autonomi è aumentato dal 2006 al 2008, per poi ridursi dal 2009 al 2014. La ragione non è una politica fiscale a favore dei professionisti, ma alla diminuzione dei redditi degli autonomi.

«L'Istat certifica il fallimento del governo Renzi-Gentiloni.

Altro che ripresa, altro che uscita dal tunnel, altro che bonus 80 euro». I redditi analizzati dall'Istat «non risentono né degli effetti degli 80 euro né del Rei. In questi due ultimi anni abbiamo iniziato di redistribuzione del reddito», ha ribattuto il deputato Pd Edoardo Patriarca.

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