Ha raccontato l'agghiacciante sequestro e stupro della figlia rimasta una notte in balia di due belve. E lo ha fatto per filo e per segno scrivendolo su un volantino con tanto di firma. Vladimir Kosturi, «padre coraggio», ha convinto anche la ragazza a narrare pubblicamente la sua tragedia, per convincere i romani a ribellarsi a silenzio e violenze. Esigenza sempre più sentita nella Capitale, tanto da far nascere iniziative di autodifesa.
L'uomo, professore di matematica e fisica di origine albanese, da 27 anni in Italia, ha tappezzato i muri del quartiere Prenestino con un manifesto che racconta la violenza sessuale subita dalla ragazza con lo scopo di chiedere alla gente di scendere in strada per manifestare domenica alle 16 nella zona.
«Il 6 maggio mia figlia, residente insieme a me in questo quartiere, è stata sequestrata a 150 metri da casa da due uomini di etnia rom-rumena - scrive Kosturi - trascinata in mezzo alla vegetazione, è stata stuprata brutalmente e portata in una baracca buia e fatiscente, nel campo rom tra via Prenestina, via Teano e Largo Telese. Qui è stata tenuta tutta la notte. È riuscita a fuggire la mattina dopo approfittando dell'ubriachezza dei suoi carnefici, che avevano passato il tempo a burlarsi di lei e a pianificare di ucciderla per occultare ogni prova». Una volta fuori dal campo, la ventisettenne si è fiondata in strada, rischiando di essere investita, e in stato di choc ha aperto la portiera di un'auto ferma a un semaforo alle 5 di mattina. L'uomo, una guardia giurata che stava andando a lavoro, l'ha portata in una stazione dei carabinieri.
Fatti, confermati dagli stessi militari dell'Arma, che dopo la segnalazione hanno fatto scattare la caccia all'uomo. Poche ore dopo uno dei due responsabili è stato sorpreso nel campo nomadi e arrestato per violenza sessuale, sequestro di persona e rapina. Alla giovane infatti era stata rubata anche la borsa.
La Capitale purtroppo è stata teatro di una lunga scia di stupri e non ha mai dimenticato quello di Giovanna Reggiani, la quarantasettenne trovata in coma il 30 ottobre del 2007 dopo essere stata violentata da un nomade romeno in una baracca di Tor di Quinto. Scaricata in una scarpata, è morta 24 ore dopo in ospedale. Ma la lista è lunga e la gente adesso si ribella, perché non si sente protetta. «Non siamo tipi a cui piace tenere le cose nascoste - spiega il professore albanese -. Mia figlia è maggiorenne ed è stata lei a decidere di esporsi con nome e cognome, perché la gente sappia, e le istituzioni si mettano in moto. Quello che è accaduto non può succedere ancora. Domani vogliamo che la gente partecipi alla manifestazione, dove parlerà lei e altre vittime di violenza».
L'esigenza di sicurezza in città è così forte che rappresentanti del sindacato di «Polizia nuova forza
democratica» con altre associazioni hanno dato vita all'Accademia civica di sicurezza pubblica: quattro esperti incontrano regolarmente i cittadini per spiegare loro come difendersi, anche dal punto di vista tecnico-giuridico.
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