Francesca Angeli
Roma In Italia due giovani su tre vivono ancora a casa dei genitori. Con mamma e papà fino a 34 anni, dicono le statistiche Eurostat, quando invece si dovrebbe essere pienamente adulti e magari avere una famiglia propria già da qualche anno. I peggiori, quasi, nella Ue dove la media è del 47,9 contro il 67,3 per cento degli italiani tra i 18 ed i 34 anni ancora a carico della famiglia d'origine. Soltanto gli slovacchi sono più restii ad uscire di casa con il 69,6.
La ricerca Eurostat individua il dato più preoccupante per il nostro Paese nella fascia 25/34 anni che registra oltre sei punti di percentuale di aumento dal 2011 ad oggi: dal 44 per cento al 50,6 con 22 punti in più rispetto alla media europea, 28,7; battuti soltanto dai greci con il 53,4.
Come spiegare l'abisso che divide i nostri giovani dai danesi, con un residuale 3,7 ancora convivente con i genitori (tra i 25 ed i 34) e anche dagli svedesi, 3,9, ma pure dai francesi, 10,1 ed inglesi, 16 per cento? Liquidare il problema affibbiando l'etichetta di mammoni o bamboccioni alle nuove generazioni, come fece per primo l'allora ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, poi molto imitato soprattutto dai membri del governo Monti, è un modo fin troppo facile di scaricare quelle che sono evidentemente le responsabilità delle generazioni precedenti e all'interno di queste di coloro che hanno preso decisioni cruciali per il futuro del paese che ha regalato a questi giovani un debito pubblico che strozza le loro aspettative. E guarda caso a questi giovani mammoni non piace neppure il governo del «giovane» Renzi che ha fatto loro molte promesse che per il momento sono rimaste deluse come nel caso del Jobs Act.
I dati Eurostat dicono che sono soprattutto i maschi a restare a casa e infatti rappresentano il 73,6 per cento del totale tra i 18 ed i 34 anni, tra questi il 40 per cento di loro ha un lavoro. Le donne invece in questa fascia di età restano a casa «soltanto» nel 41,7 dei casi. Tra i più giovani, 18-24 anni, vive in casa il 94,5 del totale contro il 79,1 della Ue mentre tra i 20 e i 24 anni la percentuale scende al 93. Dunque giovani italiani pigri, mammoni, sfiduciati, svogliati, senza obiettivi, senza ambizioni? Forse ma sicuramente non direttamente responsabili di essere nati in un Paese nei quali i giovani sono in via d'estinzione grazie al tasso di natalità più basso d'Europa.
Accanto ai dati Eurostat è utile ricordare quelli diramati dall'Istat appena un paio di settimane fa che registravano, sì, un aumento dei posti di lavoro ma soltanto per gli over 50. Tra i giovani in un anno sono andati persi 239.000 posti di lavoro. Nell'eurozona il dato della disoccupazione giovanile è sceso al 20,7 mentre in Italia resta al 38,8.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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