Peggio per chi non l'ha vestita. Peggio per tutti gli stilisti che si sono affrettati a specificare che «mai!» avrebbero compromesso una loro creazione per avvolgere il corpo, statuario ma politically incorrect, della signora Melania Trump.
Peggio per chi non l'ha vestita Melania. Che ieri, al giuramento del marito Donald come presidente degli Stati Uniti d'America era firstissima e bontonissima. Abito azzurro polvere, guanti azzurro polvere, scarpe azzurro polvere, sguardo azzurro polvere, sorriso azzurro polvere Maniche tre quarti, tubino longuette, tacco misurato, capelli raccolti, brillanti alle orecchie. Un po' Jacqueline Kennedy, un po' Claire Underwood, perfino un po' Maria Antonietta forse. Perché, non che in realtà c'entrasse ma la scatola di Tiffany (azzurra-di-un-altro-azzurro) portata in dono all'immusonita Michelle Obama ci ha ricordato un po' le imprudenti brioches al popolo della regina martire.
Tutta questa inelegante polemica per rifiutarsi di vestire una signora elegante (che poi ha finito con l'essere griffata Ralph Lauren, nientemeno...) è stata stucchevole e incomprensibile. Melania è stata perfetta ieri: abbigliata, pettinata, distaccata, composta, rigida al punto giusto: molto meno Trump di suo marito, insomma. In barba a quanti obiettavano «a cosa servirà mai un'ex modella alla Casa Bianca!?» intanto a sfilare in maniera impeccabile davanti alla Nazione per l'Inauguration Day. Ha apparecchiato un sorriso all'inizio dello show e lo ha tenuto in ordine fino alla fine, perfino mentre rimbrottava il figlio sul palco, perfino mentre Michelle le buttava invidia e disapprovazione addosso, a colpi di sguardi obliqui e smorfie dritte.
Non un gran giorno ieri, per la first lady uscente. Imbronciata, opaca, imbolsita come si fosse consolata a cioccolata per il fine mandato del consorte. Spenta dentro, livida fuori e vestita color vinaccia: che giornataccia. Abdicare fa ingrassare, sgonfiarsi gonfia, evidentemente. Melania era asciutta, lunga, sorridente e azzurra come la cravatta di Obama. Era lì, a reggere la Bibbia di Abramo Lincoln mentre la manona del marito ci si appoggiava sopra per giurare fedeltà agli Usa, ma era soprattutto altrove.
Da tutt'altra parte: ai compiti del figlio, ai traslocatori che in cinque ore (non un minuto in più, non un minuto in meno) avrebbero dovuto collocare tutti i loro effetti personali alla Casa Bianca, al nuovo cuoco, al prossimo stilista che le negherà un abito, al fiocco del pacchetto di Tiffany portato in dono a quell'ingrata di Michelle... Era lì, sembrava lì, perfettamente compresa, davanti al popolo americano, ma in realtà non c'era. Dite se non è la First Lady perfetta.
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