Nei prossimi dodici giorni Mario Draghi sarà prima a Kiev per incontrare Volodymyr Zelensky e poi a Washington per un bilaterale con Joe Biden. Un tour piuttosto impegnativo, dedicato tutto alla crisi ucraina e alle sue conseguenze sia sugli equilibri geopolitici globali che sul fabbisogno energetico europeo.
Ed è proprio della visita nella capitale dell'Ucraina che hanno parlato ieri il premier italiano e Zelensky, nel corso di una telefonata di cui ha dato notizia sui social il presidente ucraino. Una trasferta complicata per evidenti ragioni logistiche, legate a una situazione sul campo in costante evoluzione. I protocolli di sicurezza sono infatti rigidissimi e coinvolgono presidenza del Consiglio, Farnesina e Aise, i servizi di intelligence esterna. Si stanno studiando diversi slot, anche se sembra improbabile che - come auspicato da Palazzo Chigi - sia possibile organizzare a Kiev una visita che oltre a Draghi coinvolga contestualmente anche il presidente francese Emmenuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Massimo riserbo, ovviamente, sui tempi. Da oggi, però, ogni giorno è considerato buono per un viaggio che sarà necessariamente a tappe: in aereo fino in Polonia, per poi raggiungere Kiev con il treno o, se necessario, con la macchina. Perché non solo i cieli dell'Ucraina sono interdetti, ma anche le principali reti ferroviarie - alcune delle quali sono utilizzate per spostare i rifornimenti militari della Nato - sono considerate a rischio. In tutto, dunque, per arrivare da Roma a Kiev ci vorranno circa dieci ore di viaggio. Una trasferta che qualcuno ipotizza entro il primo maggio, ma che più probabilmente slitterà a dopo il 3 maggio, quando il premier interverrà a Strasburgo alla plenaria del Parlamento europeo. Peraltro, due giorni dopo - il 5 maggio - Draghi potrebbe essere proprio in Polonia per partecipare a un vertice Ue sulla crisi ucraina.
Un incontro, quello tra Zelensky e Draghi, che avrebbe ovviamente un alto valore simbolico. Non a caso, ieri il presidente ucraino ci ha tenuto a ribadire il suo «apprezzamento» per il «sostegno» di Roma sul fronte delle sanzioni. Zelensky si è detto anche «grato» per «il coinvolgimento italiano nelle indagini sui crimini contro l'umanità commessi dalla Russia» e ha «ringraziato» il nostro Paese per aver dato rifugio «a oltre 100mila ucraini» che «sono stati costretti a fuggire a causa dell'aggressione di Mosca».
Dopo il viaggio a Kiev, il 10 maggio Draghi sarà invece alla Casa Bianca per il suo primo bilaterale a Washington da quando - 14 mesi fa - si è insediato a Palazzo Chigi. Ne approfitterà per un passaggio a New York e, forse, anche a Boston (dove a inizio anni Settanta ha perfezionato gli studi con un PhD al Massachusetts Institute of Technology). Sul tavolo, fanno sapere le due diplomazie, «il coordinamento con gli alleati sulle misure a sostegno del popolo ucraino» e «di contrasto all'aggressione ingiustificata della Russia». Ma un importante tema di confronto saranno anche i diversi approcci alla crisi ucraina di Stati Uniti ed Europa. I toni forti usati da Biden - ma anche dal premier inglese Boris Johnson - non hanno infatti trovato grande sponda in Europa. Inutile dire di Scholz, la cui posizione è nota, ma pure Macron ci ha tenuto a prendere decisamente le distanze. Come, seppure con modalità diverse, la diplomazia italiana ha scelto un approccio più prudente.
Per quanto in grandissima sintonia con l'amministrazione statunitense, insomma, Draghi non potrà non farsi carico di questo dualismo. Non è un caso che Enrico Letta solleciti il premier a essere «molto chiaro con gli americani» quando incontrerà Biden. Perché, dice il segretario del Pd, «in questa crisi» l'Ue non può «essere al traino».
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