Kiev sacrificio "necessario" contro l'asse Mosca-Pechino

Per Trump l’Ucraina è un mezzo. Il fine è l’Artico, conteso dalla Cina

Kiev sacrificio "necessario" contro l'asse Mosca-Pechino
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Da un lato la politica europea dei grandi principi. Dall'altro la "realpolitik" di Trump. E in mezzo l'Ucraina. Il confronto andato in scena ieri alla Casa Bianca è tutto qui. Da una parte i leader europei fermi nel rivendicare inviolabilità e sacralità dei confini. Dall'altra Donald Trump deciso a convincerli che il sacrificio dei territori ucraini, a cominciare dalla Crimea, è indispensabile. Ma a cosa? A chiarirlo è il Direttore del fondo sovrano di Mosca Kirill Dmitriev che parla di "grande giornata" da dedicare alla "soluzione dei problemi e alla pace". Parole non irrilevanti.

Kirill è uno dei tre "Richelieu" del Cremlino rimasti al fianco di Vladimir Putin durante il summit di Anchorage. Ed è l'uomo che, dal vertice dello scorso febbraio a Riad, guida il riavvicinamento tra Mosca e Washington. Un riavvicinamento che, spiega Dmitriev da mesi, ha come punto centrale gli accordi sull'Artico. Accordi fondamentali - anche nella strategia di Trump - per spezzare l'asse Mosca Pechino, convincere Putin a negare ai cinesi l'accesso all'Artico e rilanciare un'intesa russo americana per lo sfruttamento congiunto delle risorse nascoste sotto la calotta polare. Uno scenario in cui "The Donald", stranamente accomodante negli ultimi tempi con gli alleati d'oltreoceano, vorrebbe restituire all'Europa il tradizionale ruolo di grande acquirente dell'energia e delle materie prime russe. Un ruolo abbandonato dagli europei dopo il 2022, ma considerato fondamentale dagli analisti statunitensi per permettere a Putin di rompere i vincoli economici con i mercati cinesi. Insomma, vien da dire, un banale ritorno al passato. La risposta sarebbe sì, se non ci fosse di mezzo una calotta artica sotto la quale si celano il 30% delle riserve di gas e il 13% dei giacimenti di petrolio ancora inesplorati. Oltre alla possibilità, per Mosca di dimezzare i tempi nei commerci con l'Estremo Oriente sfruttando, grazie allo scioglimento dei ghiacci, la rotta di nord est. Scenari su cui anche Trump si muove di tutta fretta come segnalano le sue mire sulla Groenlandia e su un Canada definito, non casualmente, "51mo stato". Realtà di cui l'Unione Europea stenta, nonostante le sue propaggini svedesi e finlandesi, a vedere le implicazioni geopolitiche.

Implicazioni da tempo assai chiare per Washington. Il dossier "Us Artic Strategy", pubblicato dall'amministrazione Biden, segnala le manovre congiunte svolte tra il 2022 e il 2023 da navi russe e cinesi al largo dell'Alaska e definisce gli eventuali accordi tra Russia e Cina per l'accesso di quest'ultima al Polo assai più pericolosi delle strategie artiche di Putin. Considerazione condivisa da Trump. Per lui la creazione di un asse russo-americano nell'Artico è solo il ritorno alla cooperazione dei primi anni Duemila quando Exxon Mobile investi oltre 4,6 miliardi in impianti con la compagnia russa Rosneft e avviò una "joint venture" per lo sfruttamento delle 130 milioni di tonnellate del pozzo di Pobeda nel Mar di Kara. Un collaborazione bloccata dalle sanzioni sulla Crimea e culminata, nel 2022, con il sequestro degli impianti Exxon ordinato dal Cremlino.

Una collaborazione che Trump è deciso a rilanciare a livello globale. Anche a costo di sacrificare l'Ucraina e restituire alla Russia il posto di seconda potenza mondiale. Perché nel gioco della "realpolitik" trumpiana l'unico grande nemico è quello cinese.

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