Erbil. "Dobbiamo stemperare le tensioni e andare d'accordo con i nostri vicini" è la linea guida di Nechirvan Idris Barzani, presidente del Kurdistan, la regione autonoma nel Nord dell'Iraq. Il riferimento è all'Iran e alla guerra dei 12 giorni con Israele, quando i missili volavano sopra la testa dei curdi. Il presidente curdo mi riceve nella sua cittadella fortificata ad Erbil.
Nel 1985, durante la guerra Iran-Iraq, avevo intervistato suo padre, Mustafa Barzani, in esilio nella repubblica islamica degli ayatollah, uno dei fondatori della dinastia, che Saddam Hussein voleva eliminare. Il presidente è pure interessato alla Frontline Academy del Giornale per i giovani aspiranti reporter di guerra e lettori avventurosi. A tal punto che firma una bandiera curda, consegnata al gruppo dal gestore del caffè dei martiri di Duhok con i volti dei Peshmerga caduti per difendere il territorio. Negli stessi giorni si sono tenute le elezioni federali in tutto l'Iraq con 7700 candidati e 114 partiti. Sciiti, sunniti e curdi hanno un numero di seggi predefiniti e il metodo Muhasasa ta'ifiyya spartisce le cariche politiche su base etnico-settaria.
Il risultato è un sistema ingessato, con pochi spostamenti significativa. Il primo ministro deve essere sciita, il presidente del Parlamento sunnita e il capo dello Stato curdo. La coalizione della Ricostruzione e Cambiamento del premier uscente Mohammed Shia al-Sudani ha vinto le elezioni con una cinquantina di seggi, ma su 329 e dovrà trattare a lungo per un governo di coalizione.
Nonostante la disaffezione l'affluenza alle urne è arrivata al 56% rispetto al 43 % dell'ultimo voto. In Kurdistan si registra la solita sfida fra il partito dell'Unione patriottica della famiglia Talabani, che ha la sua roccaforte a Sulaymaniyah e il Partito democratico dei Barzani. Il governo regionale è bloccato da un anno dai disaccordi. E con la capitale rimangono le divergenze sulla spartizione del budget, che porta a cronici ritardi negli stipendi dei dipendenti pubblici. Una fonte del Giornale spiega: "È probabile che la formazione del governo a Baghdad, prevista verso primavera, sbloccherà l'impasse in Kurdistan".
Nel frattempo la missione Nato, evoluzione del contrasto all'avanzata dell'Isis del 2014, si sta riposizionando dentro e fuori l'Iraq. Gli italiani si sposteranno dalla capitale verso Erbil, nella base della storica missione Prima Parthica, che ha addestrato i Peshmerga.
Il resto del contingente internazionale, compresi un migliaio di soldati americani, dovrebbe andare in Siria in una base a ridosso del confine. "L'Iraq è una giovane democrazia ancora un po' caotica, ma che sta trovando la sua strada - spiega la fonte - Adesso il problema è la stabilizzazione della Siria" del dopo Assad.