L'Economist lancia il sasso "La vita umana ha un prezzo"

Il giornale apre il fronte anti-chiusura a oltranza: "Costi del distanziamento sociale superiori ai benefici"

L'Economist lancia il sasso "La vita umana ha un prezzo"

«Non c'è prezzo per una vita umana», ha detto Andrew Cuomo, sindaco di una New York colpita al cuore dal Covid19. Non esistono soldi che ripaghino una vita. Non c'è prezzo. E non esiste un limite agli sforzi per salvare le persone. Ma nel dramma umano in cui ora si specchia il mondo, è l'Economist a spingersi oltre. A interrogarsi in una riflessione dura quanto lucida. Per quanto potrà essere così? Per quanto le parole di un sindaco che ha commosso la sua città saranno sostenibili in termini di sacrifici sociali? Quanto pagheremo davvero queste vite? E se alla fine il prezzo di tutto questo sarà «superiore anche ai benefici»?: «Se le misure non dovessero funzionare nel frenare il contagio, quanto ancora si andrà avanti?». Perché, dice il settimanale, che ne sarà anche delle famiglie, dei lavoratori disoccupati, dei bambini il cui unico pasto garantito era quello consumato a scuola prima dell'emergenza? Quanto vale il lockdown del mondo? Domande scomode sollevate nell'editoriale intitolato «Un triste calcolo. Il Covid19 impone scelte tra la vita, la morte, e l'economia. E diventeranno sempre più dure». Una scelta inevitabile paragonata tra le righe a quella drammatica a cui sono obbligati i medici negli ospedali, quando devono decidere chi salvare, «a chi dei due pazienti dare un ventilatore» per respirare. Fino a quando allora, si chiede il settimanale, potremo pensare che tutto questo non ha un prezzo? «Se un bambino è intrappolato in un pozzo il desiderio di aiutarlo senza limiti prevarrà. Ma in una guerra o in una pandemia i leader del mondo non possono pensare che le loro misure non abbiano un costo economico e sociale». Lo pagheranno i giovani, «su cui cadrà gran parte del peso della malattia, sia oggi sia in futuro, con tutto il debito che i loro Paesi accumuleranno», nota il settimanale.

All'inizio, il presidente Trump sosteneva che la cura sarebbe stata più dannosa del Covid19, per i danni economici che avrebbe scatenato. Poi davanti alla diffusione incontenibile del virus con le previsioni di un milione di persone morte, è corso ai ripari per evitare la strage. Ha chiuso tutto, ricorda l'Economist, e ha speso l'equivalente di 60mila dollari a famiglia. In America il lockdown è costato sì, ma si può dire che «il costo della chiusura è di gran lunga superato dalle vite salvate». L'America però è ricca. Non lo è l'India, che non riesce a fermare il contagio e per questo «la sua scelta, tragicamente, andrà in un'altra direzione», scrive il giornale. Il rapporto costi-benefici cambia da Stato a Stato e cambierà ancora. Due i principi da seguire in questa fase: «Aiutare chi sta pagando più di tutti queste scelte», i lavoratori licenziati, i bambini e le famiglie ridotte in povertà. E poi «adattamento». Reagire, mutare strategia insieme con l'evolversi della pandemia: «Il bilancio costi-benefici cambia con l'andamento dell'infezione». Bisogna preparare il sistema sanitario alla gestione del virus. Ma prepararsi anche a un ritorno alla normalità di un'umanità che avrà pagato caro in termini di economia, di punti di Pil bruciati che significano più persone in difficoltà, nuovi disoccupati, cittadini la cui salute mentale uscirà fortemente provata da questa crisi. «Forse non troveremo presto vaccini e cure. Con l'estate, le economie avranno subito crolli a doppia cifra.

Mesi di reclusione casalinga avranno minato coesione sociale e salute mentale. Anche se molte persone muoiono, il costo delle restrizioni potrebbe superare i benefici. E questo è un aspetto che ancora nessuno è pronto ad ammettere».

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