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L'"oki" di oggi come 75 anni fa. E anche allora fu un disastro

Nel 1940 il governo fascistoide della Grecia respinse l'ultimatum pro forma dell'Italia e innescò la guerra. Adesso tocca a Tsipras: però al posto del Duce, c'è la Merkel

L'"oki" di oggi come 75 anni fa. E anche allora fu un disastro

La memoria storica dei greci ha di sicuro contribuito al successo dell' oki , il no, nel referendum indetto da Alexis Tsipras. Ci fu un oki mai pronunciato, ma nella sostanza fermissimo e nel ricordo leggendario che risale al 28 ottobre 1940. Un quarto d'ora prima delle tre di notte Emanuele Grazzi, ministro plenipotenziario ad Atene, chiese d'essere ricevuto con urgenza dal generale Ioannis Metaxà - capo del governo fascistoide che reggeva la Grecia - e gli consegnò un ultimatum scritto apposta per essere respinto. « Alors c'est la guerre », disse l'anziano generale in vestaglia, e quello fu il suo oki . È toccato adesso a Tsipras, condottiero di una sinistra sinistra refrattaria ai cedimenti ma anche refrattaria al senso comune, di raccogliere il remoto messaggio del militare che amava e imitava Mussolini e che da Mussolini fu attaccato. Al posto di Mussolini, nell'immaginario ultima versione dei greci, c'è Angela Merkel.

Nella storia la repliche introducono sempre delle novità. L' oki di oggi ha avuto non le sembianze d'un tiranno stanco ma quelle di due animosi e boriosi giovanotti: il meno giovane dei due pronto a farsi da parte quando, dopo il no solenne, è arrivato il momento dei rendiconti. Per alcuni importanti motivi personali voglio bene alla Grecia, dove trascorro ogni estate. Mi ha addolorato il fatto che, per la minaccia del default , se ne sia parlato negli ultimi anni come d'un Paese da terzo mondo. La Grecia è insieme moderna, vecchia e antica. Moderna in uno stile di vita che ormai accomuna le gioventù d'ogni parte d'Europa. Antica per le sue glorie culturali. Vecchia in strutture politiche ed economiche che fino alla tempesta tsipriota derivavano dal passato vizi e vezzi clientelari. Fu a lungo - tranne che nella parentesi dei colonnelli - una Grecia di due grandi dinastie, i Papandreu e i Karamanlis, socialisti contro conservatori e moderati, protagonisti d'una recita astuta. E nell'economia svettavano i grandi armatori, Onassis, Niarkos.

Il tenore di vita greco era nella media europea, pochissima industria e tuttavia l'abitudine della gente - come da noi - al risparmio e all'evasione fiscale. Prima della stretta imposta dalle regole europee e un po' anche dopo la stretta la Grecia è vissuta al di sopra dei suoi mezzi. In politica si comprava il consenso con la spesa, l'impiego pubblico ad Atene furoreggiava e furoreggia come a Palermo. Il costo dell'apparato militare è altissimo perché alla Grecia non basta la protezione dalla Nato: ossessionata dal timore di un assalto della Turchia - formalmente alleata ma nemica storica - vuole essere in grado di fronteggiarlo da sola.

In cattivissime acque, economicamente, la Grecia. Ma rimane un Paese che importa badanti e manovalanza albanese, ha caratteristiche dell'estrema penuria ma ha anche alcune caratteristiche degli Stati d' élite . Le cifre sulla disoccupazione non sono contestabili, ma forse nascondono alcuni aspetti della realtà. Sì la Grecia è una piccola piccola cosa, ma ha a consapevolezza d'essere anche una grande cosa. Spesso i greci - come gli italiani - non conoscono bene la loro storia, ma se la vedono messa in dubbio scatenano battaglie accanite. Non vogliono che la Macedonia usurpi loro il nome della patria di Alessandro Magno e, citandola nei resoconti giornalisti, usano il termine Firom, Former jugoslavian republic of Macedonia . La Grecia, lo si ripete fino all'ossessione, è economicamente debole. Il tessuto industriale è irrilevante. Per quel che serve, ossia pochissimo, porto la mia esperienza. In Italia, anche all'apice dell'attuale crisi, le grandi autostrade registravano una sfilata ininterrotta di Tir. Percorrendo la Atene-Salonicco, equivalente alla nostra autostrada del Sole, vedo un traffico di gran lunga più diluito e modesto.

La Grecia ha sperperato - o per meglio dire ha sperperato la sua classe politica - ma già si è imposta sacrifici pesanti, tagli alle pensioni, tagli agli stipendi. In cambio dei quali ha avuto nuove richieste di stringere la cinghia. Tsipras ha avuto la strada spianata nel declamare - con quell'aria da ragazzo che passata la quarantina vive ancora in famiglia - la sua protesta. Si dice che Syriza, meno partiticamente inquadrata e meno ideologicamente ferrata, ha caratteristiche diverse dalla sinistra tradizionale. È vero. Ma con la sinistra parolaia e un po' ciarlatana d' antan ha anche molto in comune. Per decenni la sinistra sinistra ha urlato contro gli Stati Uniti che erano la peste del mondo, che avevano ordito il golpe del '67, che erano alleati del capitalismo e dei fascismi nella repressione del popolo. Per il momento il ruolo del cattivo tocca alla Germania, ma ho la certezza che gli Usa torneranno. Non so - credo non lo sappia nessuno - se la Grecia uscirà un giorno dalla spirale che l'avvolge. Se e quando ne uscirà dovrà dire grazie a qualcuno.

Un qualcuno, secondo me, che non si chiamerà Alexis Tsipras.

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