Londra «Il Labour Party accoglie tutti senza distinzione di razza, credo, età, genere e orientamento sessuale. Tutti tranne - sembrerebbe gli ebrei. Questo è il tuo lascito, Mr Corbyn». Il grido di denuncia riempiva ieri pagina 20 del Guardian, sottoscritto da circa 60 lord del partito laburista. «Non ti stiamo chiedendo se sei antisemita - prosegue il j'accuse - stiamo dicendo che sei responsabile di aver permesso che l'antisemitismo crescesse nel nostro partito». La conclusione lapidaria: «Hai fallito il test di leadership».
La crescita drammatica di episodi antisemiti all'interno del partito è coincisa con l'avvento alla guida del Labour di Jeremy Corbyn nel 2015. Il Sunday Times ad aprile rivelava che da quando si è installata la nuova dirigenza le denunce per comportamenti antisemiti contro esponenti del partito hanno sfondato quota 800.
L'appello di ieri dei lord e le accuse che giungono da più parti della società e della politica inglesi imputano a Corbyn e al suo staff di non riuscire a combattere una piaga che finora si riteneva confinata ai conati dell'estrema destra. Non più. Accuse di antisemitismo hanno colpito anche figure primarie del partito fra cui l'ex sindaco di Londra Ken Livingstone, dimessosi dopo aver affermato che anche Hitler era stato un sostenitore del sionismo; la parlamentare Naz Shah, sospesa nel 2016 per un post in cui suggeriva che la soluzione al conflitto israelo-palestinese era trasferire Israele negli Stati Uniti, poi reintegrata e premiata nel 2018 con un ruolo di segretario ombra per le donne e le uguaglianze; Chris Williamson, parlamentare e amico di Corbyn, al centro di un caso di sospensione-riammissione tuttora in corso per aver affermato che il partito era troppo apologetico sul problema dell'antisemitismo.
Lo stesso Corbyn è stato più volte al centro di accuse, fra le principali l'aver deposto una corona di fiori a Tunisi sulle tombe di vittime palestinesi del Mossad (la difesa di Corbyn), fra cui dei terroristi legati agli attacchi alle olimpiadi di Monaco (l'accusa); per aver ospitato un evento in memoria dell'Olocausto in cui si equiparava Israele al nazismo; per aver difeso un murale antisemita a Londra (in entrambi questi casi si è poi scusato). Il suo staff ha sempre difeso strenuamente l'operato del partito ma la diga è crollata dopo la puntata della trasmissione della Bbc, «Panorama», dello scorso 10 luglio: una decina di ex membri dell'ufficio disciplinare del partito denunciano minacce e abusi da parte di alti dirigenti per aggiustare le indagini interne.
Lo scontro si è fatto rovente fuori e dentro il Labour, spaccato tra apologeti e accusatori di Corbyn e della sua dirigenza.
Oltre all'enorme problema culturale e morale la questione ha un importante risvolto politico: nonostante la fallimentare esperienza conservatrice degli ultimi anni, soprattutto sulla Brexit, i due principali partiti inglesi rimangono incollati nei sondaggi. E secondo il Times di ieri Johnson sarebbe pronto a indire elezioni anticipate subito dopo il divorzio da Bruxelles, «fino a che Corbyn è ancora in giro».
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