Politica

L'accordo Ilva sarà solo per un rinvio. E resta lo scontro sullo scudo penale

Si prospetta una pre-intesa per ottenere altro tempo dal giudice

L'accordo Ilva sarà solo per un rinvio. E resta lo scontro sullo scudo penale

Che fine ha fatto lo scudo penale? La magica sparizione del tema dall'agenda della vertenza di Taranto parrebbe dar ragione a chi lo considerava una scusa di Arcelor Mittal per ritirarsi dalla voragine mangia soldi dell'ex Ilva. Ma, nel giorno in cui il governo lascia trapelare entusiasmi sulla possibilità di un accordo con il colosso franco-indiano dell'acciaio, c'è chi giura che il tema sia solo stato messo da parte. Obiettivo: scongiurare la partenza di una causa dagli esiti incerti, quella presso il tribunale di Milano, che nessuno vuole. Né il governo, né Arcelor Mittal.

L'udienza si terrà domani e si lavora intensamente: le veline parlano di «pre-accordo entro oggi». E la parola chiave è «pre»: si tratterebbe, infatti, di una mera intesa per chiedere al giudice un rinvio, in attesa di trovare un vero punto di incontro. E sull'esito finale resta un forte scetticismo. Ieri, a seguito di un nuovo incidente in cui un operaio dello stabilimento di Taranto è rimasto ferito alle gambe, l'amministratore delegato della divisione italiana di Arcelor Mittal, Lucia Morselli, ha incontrato i sindacati nazionali e sparso ottimismo. L'ad, hanno riferito i coordinatori sindacali di fabbrica, «ha voluto chiarire che da parte della multinazionale c'è l'assoluta volontà di rimanere e stanno lavorando per trovare un accordo tra le parti». Ai sindacati, perplessi anche perché al momento rimasti esclusi dalla trattativa, Morselli ha anche dato rassicurazioni sul cambio di dirigenti, via quelli stranieri sostituiti da italiani, dicendo che «serviva dare una scossa» e rassicurato sui pagamenti ai fornitori, tema scottante perché i lavoratori parlano di una fabbrica in dismissione, che non prende nuovi ordini.

C'è una bozza di accordo, cinque pagine che disegnano un percorso verso un futuro radioso per l'ex Ilva che dovrebbe realizzarsi entro il 2023. E ieri è anche stata diffusa da fonti del ministero per lo Sviluppo economico una criptica indiscrezione secondo cui «i legali di Arcelor Mittal hanno fatto tre passi indietro rispetto alle loro posizioni iniziali». L'unica certezza, è che i «passi indietro» saranno finanziati con denaro pubblico. Ieri lo ha confermato lo stesso premier Giuseppe Conte, che ha preso in mano la vertenza attraverso un suo fedelissimo, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mario Turco.

Pur di evitare la fuga dei franco indiani e la prospettiva tragica di chiusura dello stabilimento di Taranto, il governo sta cercando risorse per finanziare un piano industriale che ha ancora tante contraddizioni da risolvere. Come l'investimento di 10 milioni per tenere aperto Afo 2, l'altoforno nel mirino della magistratura: sarà adeguato alle norme di sicurezza, salvo poi chiuderlo per fare spazio alla nuova «linea verde». Solo un dettaglio rispetto ai tanti nodi da sciogliere. Non c'è accordo sui livelli di produzione e sugli esuberi (due o tremila). Dipende molto dal denaro pubblico che sarà investito attraverso una partecipazione al 40% di Invitalia. Il vero dilemma non affrontato resta lo scudo penale.

L'azienda non fa passi indietro e per il governo sarà una grana enorme. Fino a quando si può rinviare?

Commenti