Non chiamiamolo destino. Il giorno dopo la tragedia, con un bambino di cinque anni intubato che lotta ancora tra la vita e la morte, unico sopravvissuto di quindici passeggeri, si vuole capire. Si cercano responsabilità e mancanze, cosa e perché non ha funzionato, si pretende luce dopo questa pagina di orrore perché una gita domenicale fuori porta non può finire così. «Il gestore della società Ferrovie del Mottarone, Gigi Nerini, è molto provato. Al momento non è chiaro quello che è successo», dice l'avvocato Pasquale Pantano che assiste Nerini nell'inchiesta che dovrà far luce sull'incidente che ha provocato la morte di 14 persone. Nerini intanto ha «espresso il proprio cordoglio e la propria vicinanza alle famiglie in questo momento di dolore». Ma è il suo avvocato che continua: «Al momento le cause non sono chiare - prosegue Pantano - sappiamo che si è rotto il cavo trainante, il resto sono solo ipotesi. I controlli sono stati fatti in questi anni, è una funivia vecchia ma aggiornatissima nel senso che è stata sottoposta a ripetute verifiche». C'è sconforto e sgomento. Costernazione. L'Arpiet, l'Associazione piemontese degli impianti a fune, esprime «il più profondo cordoglio per le vittime del tragico incidente della funivia Stresa-Mottarone». «È una tragedia terribile - ha dichiarato il presidente Giampiero Orleoni - Esprimiamo la nostra vicinanza alle famiglie delle vittime colpite da questo dramma, in attesa che le indagini facciano chiarezza sulle cause». Si punta il dito sui controlli, sullo stato di manutenzione. «So che hanno fatto le manutenzioni. Sicuramente, vengono sempre fatte da aziende specializzate. Generalmente, vedo che anche da noi sono tutti molto rigorosi nei controlli delle funi, fanno tutte le varie prove» prova a spiegarsi Giuseppe Bonseri, ad di Santa Caterina Valfurva ski area, in Valtellina, sulla tragedia del crollo della funivia sul Mottarone. C'è poi tutto un libro giornale che viene controllato anche dal ministero dei Trasporti per tutto quello che viene eseguito. Ci sono delle manutenzioni ordinarie che vengono fatte tutti gli anni e straordinarie, a seconda delle prescrizioni, ma comunque ogni cinque anni bisogna fare manutenzioni ancora più pesanti. «Negli ultimi anni da parte degli operatori non ci sono mai stati motivi di allerta che facevano ipotizzare una carenza o nella normativa o nelle procedure di controllo del funzionamento delle funivie». spiega Armando Zambrano, presidente del Consiglio nazionale ingegneri. Eppure chi giustifica oggi quelle morti? «Dopo quello che è successo a Stresa, la mente torna al Cermis. Due tragedie diverse, ma che impongono di rivedere costantemente le misure di sicurezza delle funivie» chiede l'assessore al turismo della Provincia di Trento, Roberto Failoni. Si è trattato di un guasto tecnico per mancato funzionamento del sistema frenante della cabina sulla fune portante. Si ma chi dovrebbe vigilare? Non ci stanno gli otto sindaci trentini della val di Non e della Predaia che uniti minacciano: «Se i soldi non arrivano chiudiamo tutto. Andiamo a Trento a consegnare le chiavi alla Provincia e si arrangino loro». Per mandare avanti la «Joy val di Non alps Spa», la società che gestisce tutti gli impianti di risalita di passo Mendola, monte Nock di Ruffrè e Predaia, servono sì i contributi dei comuni ma soprattutto quelli dell'amministrazione autonoma. «La Provincia ci aveva assicurato un finanziamento di un milione 350 mila euro - spiega il sindaco di Ruffrè, Donato Seppi, a nome di tutti gli altri colleghi coinvolti nella vicenda - Peccato nel bilancio d'annata non ci sia traccia alcuna dello stanziamento.
Ricordo alla Provincia che i nostri impianti sono utilizzati da 220 mila turisti l'anno: una risorsa a cui non vogliamo rinunciare. Ma se Trento non farà la sua parte, anche se la stagione dovrebbe aprire il 1 giugno, chiudiamo tutto. I paesi non vivono sulle promesse, ma sui fatti». E nessuno vuole avere sulla coscienza altri innocenti.
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