L'ala M5s vicina a Fico pronta allo strappo sulla legge di Stabilità

Almeno 60 parlamentari aspettano al varco la Lega: «La manovra sarà la prova del nove»

L'ala M5s vicina a Fico pronta allo strappo sulla legge di Stabilità

Tav, Tap e immigrazione. A due mesi dall'insediamento del governo Conte, dentro la maggioranza iniziano a farsi sentire i distinguo dei grillini su questi temi.

In questi giorni i vertici M5s hanno ribadito la loro contrarietà alla Tav, mentre il presidente della Camera Roberto Fico ha incontrato gli attivisti pro immigrazione di «Mani Rosse» e un suo fedelissimo, Giuseppe Brescia, ha elogiato il lavoro dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim). Piccoli segnali di un malessere diffuso tra i grillini di sinistra. Sebbene fonti interne al M5s garantiscano la «coesione, la compattezza e la condivisione di intenti» sia dei senatori sia dei deputati, tra i corridoi di Montecitorio trapelano voci insistenti di un dissenso che potrebbe materializzarsi in autunno.

È presto per parlare di scissioni o di correnti strutturate come poteva essere la sinistra dem nella scorsa legislatura, ma le tensioni potrebbero accentuarsi con la finanziaria. «Finora stiamo lavorando bene con i leghisti, pensavo andasse molto peggio. Certo, la prova del 9 sarà la legge di stabilità. Lì si vedrà cosa, nei limiti dei vincoli europei, si potrà inserire e cosa no», ci spiega un neodeputato grillino. La Lega e i pentastellati viaggiano su due binari paralleli che non si incontrano mai. Ognuno si occupa dei propri cavalli di battaglia senza pestare i piedi all'altro, come ci conferma anche Alessio Villarosa, sottosegretario al Mef: «Noi dice - ci occupiamo dei nostri temi, come il reddito di cittadinanza, loro della flat tax e, se serve, ci diamo una mano a vicenda». È indubbio, però, che i deputati grillini abbiano vissuto con imbarazzo la richiesta del deputato forzista Nino Germanà di inserire nel decreto Dignità un emendamento (poi dichiarato inammissibile) che riproponeva una versione del reddito di cittadinanza identica a quella presentata nella scorsa legislatura dal M5s. Il problema è sempre quello delle coperture. La prossima finanziaria, come ha evidenziato il Sole 24 ore, potrebbe costare 22 miliardi di euro, senza considerare la flat tax e il reddito di cittadinanza. «E non dimentichiamoci che a gennaio finisce il bazooka del quantitative easing di Draghi», ricorda il deputato del Pd Giacomo Portas.

Una matassa difficile da sbrogliare e che potrebbe causare nuovi mal di pancia tra i dissidenti vicini al presidente Fico, una pattuglia di parlamentari (40-45 alla Camera e 15 al Senato) sensibili ai tweet dei militanti che non gradiscono l'alleanza con la Lega. Un malcontento difficile da rappresentare in Parlamento dal momento che il codice etico del M5s proibisce ai parlamentari di votare in maniera difforme dalle indicazioni del gruppo. Per avere le mani libere i dissidenti dovrebbero passare al misto ma «la rottura, se mai vi sarà, si verificherà su un tema cruciale e altamente divisivo».

A tal proposito il senatore Matteo Mantero, che nella scorsa legislatura è stato primo firmatario del ddl sul biotestamento, rassicura: «Fintanto che si rispetta il contratto di governo non dovrebbero sorgere problemi», ma poi aggiunge: «Su singoli provvedimenti, che non rientrano nel contratto, possono formarsi anche delle maggioranze trasversali».

È la teoria dei binari paralleli: la maggioranza dura fintanto che i due treni, quello leghista e quello grillino, viaggiano separatamente nella stessa direzione. Non appena vi sarà un piccolo deragliamento, lo scontro sarà fatale.

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