L'albanese era clandestino già espulso per furti e rapine

Il ventiduenne morto nel Milanese è stato riconosciuto dalla fidanzata. Rispedito a casa nel 2013, era tornato

MilanoLa fidanzata, classica «brava ragazza» incensurata, non vedendolo tornare a casa, nell'appartamentino rabberciato di Trezzo d'Adda che dividevano insieme, aveva intuito che si era ficcato nell'ennesimo guaio. Così martedì pomeriggio si è decisa e, anche se controvoglia, ha denunciato la scomparsa del suo convivente ai carabinieri della stazione locale. È toccato così a questa ventenne albanese riconoscere ieri all'alba all'obitorio milanese di piazzale Gorini, nel giovane cadavere del connazionale compagno di vita, il ladro 22enne ucciso a Vaprio d'Adda dal pensionato Francesco Sicignano. «È lui» ha dichiarato tra le lacrime. «Non era cattivo - ha insistito più volte, quasi a volerlo scusare, tentando di ricucirgli una dignità - ma con la vita che faceva sapevo che prima o poi ci avrebbe rimesso la pelle, che gli sarebbe successo qualcosa di brutto».

Balordo nell'anima o povero disperato, a questo punto poco conta. Gli investigatori dell'Arma dei carabinieri (che ancora non ne hanno diffuso nome e cognome) ne sono convinti: «Faceva sicuramente parte di una banda omogenea di ladri specializzati in furti in appartamento. I due complici a cui diamo la caccia e che la sera che è stato ucciso erano con lui a Vaprio in via Cagnola 19, sono al 99 per cento albanesi come lui».

A chi si ostina a buttare la croce sul pensionato che ha sparato al ladro nella sua villetta di Vaprio d'Adda, facendo notare insistentemente come il proiettile che ha ucciso l'albanese 22enne avrebbe avuto una traiettoria dall'alto verso il basso, compatibile, per esempio, con un colpo sparato dalla cima delle scale verso i gradini in basso e quindi a far apparire il padrone di casa un ex consulente finanziario dal passato non proprio limpidissimo e dal grilletto facile, segnaliamo che il ménage dell'albanese ucciso era piuttosto routinario e comprendeva purtroppo un fitto «fuori e dentro» dal carcere.

Arrivato clandestinamente in Italia nel 2012, a 19 anni, il giovane aveva collezionato diversi precedenti penali, per lo più per furto e rapina, i cosiddetti «reati contro il patrimonio».

Dopo l'ennesima scarcerazione per furto (era stato catturato in flagranza), l'anno successivo il ragazzo era stato espulso «coattivamente»: preso e messo su un aereo, accompagnato dalla polizia, con biglietto di sola andata, Malpensa-Tirana. Tenace, forse davvero disperato, era riuscito a tornare nel Milanese. E con la sua vita spericolata, qui ha trovato la morte.

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