
Lo stanziamento iniziale di 3,6 miliardi per far fronte all'emergenza coronavirus annunciato dal ministro dell'Economia Gualtieri ha sostanzialmente scontentato le categorie produttive, a partire da imprese e artigiani. Il motivo è presto detto: quelle risorse sono insufficienti per contrastare quella che ormai si annuncia come una vera e propria recessione che vede interi settori produttivi in ginocchio. L'unica risposta, secondo molti addetti ai lavori, può essere solo ricercata attraverso un coinvolgimento diretto dello Stato nell'economia attraverso un massiccio piano di investimenti. È questo, in estrema sintesi, il suggerimento avanzato ieri dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia (in foto), nel corso di un intervento a Mezz'ora in più. «Dobbiamo essere protagonisti di una stagione riformista europea in cui non andare a chiedere una piccola flessibilità per l'Italia, ma un grande piano infrastrutturale e transnazionale tra i paesi d'Europa, da 3mila miliardi», ha detto il numero uno di Viale dell'Astronomia. E, soprattutto, le risorse devono essere impegnate nel più breve tempo possibile. Si tratta, ha proseguito, di «soldi che bisogna spendere subito in uno o due anni; quindi occorre fare l'inverso della prassi: spenderli subito e finanziarli in dieci, trent'anni» e magari, ha aggiunto, «ogni infrastruttura può essere data in garanzia a un ente finanziario, per esempio come la Bce che potrebbe emettere eurobond».
Confindustria si riscopre neokeynesiana a causa della crisi perché «la domanda privata arretrerà» per le conseguenze del coronavirus» e perciò «bisogna sostenere l'economia con la «domanda pubblica: dobbiamo attivare i cantieri quanto prima, il modello ponte Morandi deve riguardare tutte le infrastrutture», ha spiegato Boccia evidenziando la sostanziale inutilità del green new deal prospettato dalla Commissione Ue in quanto «dobbiamo pensare di usare tutte le risorse disponibili quanto prima per attivare infrastrutture e cantieri e cioè occupazione e lavoro».
Stesso discorso per la Cgia di Mestre. Secondo il coordinatore dell'Ufficio studi, Paolo Zabeo, il governo dovrebbe «intervenire con una misura economica shock di medio-lungo periodo di almeno 10 miliardi di euro, per evitare di scivolare verso una pesantissima recessione». I 3,6 miliardi sono insufficienti e «se l'esecutivo crede di poter dilazionare nel tempo le misure si rilancio del Paese sbaglia» perché «o si interviene subito altrimenti siamo destinati a scivolare verso una recessione pericolosissima». Un ulteriore richiamo viene rivolto degli artigiani mestrini in merito alla difesa della reputazione internazionale dell'Italia. «Veneto e Lombardia non sono il lazzaretto d'Europa: se continuiamo ad essere additati come un popolo di appestati rischiamo l'emarginazione economica», ha concluso Zabeo.
Anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, è sintonizzato sulla stessa lunghezza d'onda.
«Serve sbloccare le assunzioni e gli investimenti, bisogna istituire un'Agenzia nazionale per lo sviluppo che indichi le prospettive», ha dichiarato. Se il governo vuole tenere aperto il canale con le parti sociali, dovrà mettersi nell'ordine di idee di fare la voce grossa a Bruxelles.